Alcuni
comportamenti sono incompatibili con l'essere coach e dannosi per l'intero
contesto professionale
Basta accedere ad
un social - in modo particolare Facebook - ed entrare in un forum o gruppo di
"discussione" per docenti di canto/tecnica vocale per accorgersene:
il livello di competizione è alle stelle. Spesso sembra che lo schema di pensiero che sta alla base di chi pubblica post e commenti scaturisca
direttamente dal quesito: "Come posso dimostrare di essere superiore a
questi altri docenti/coach/metodi?". Chiaramente si tratta di un modus cogitandi et operandi di dubbia
efficacia, che ha come conseguenza la creazione di una cultura professionale
che, a conti fatti, nuoce all'allievo, al docente, e a tutta la comunità
didattica.
Il vocal coach (o
aspirante tale) che si affacci a tale mondo (e tale Weltanschauung) imparerà ad accettare come "normali" atteggiamenti
e tratti cognitivo-comportamentali quali:
-Arroganza nei confronti di colleghi, allievi (di
altri docenti) e altre persone con cui comunicano;
-Sensazione di dover provare costantemente il
proprio "valore" a tutti quelli con cui entrano in contatto;
-Comportamento "territoriale"
inappropriato;
-Parlare male degli altri coach/insegnanti nel
tentativo di guadagnare nuovi clienti;
-Adottare strategie di marketing che - invece di
promuovere (giustamente) il proprio lavoro - screditano, squalificano o sminuiscono il lavoro
altrui;
-Non promuovere - laddove possibile ed auspicabile
- il lavoro degli altri istruttori, quando questi sono più qualificati di sé in
determinate aree, credendo di ottenerne vantaggi personali
("accaparrarsi" o "tenersi" l'allievo);
-Copiare (anche nel senso di "scopiazzare i
contenuti media o stampa") di altri insegnanti o coach - senza citarne le
fonti - nel tentativo di dare un'immagine di sé che comunichi più competenza.
Invito ora chi
legge (e anche chi scrive) a riguardarsi i punti qui elencati e a farsi un
piccolo "esame di coscienza". Siamo colpevoli di tali condotte? O, se
chi legge è allievo, forse ci si può interrogare sul proprio insegnante di
canto ed il suo operato. La maggior parte delle caratteristiche che rendono un
trainer (vocal coach, personal trainer, ...) un ottimo mentore sono il risultato
dell'essere un essere umano
compassionevole, una persona sensibile e attenta ai bisogni degli altri.
Onestamente, credete che qualcuno che si "macchia" di alcuni dei
"peccati" citati (o tutti) possa definirsi un buon vocal coach? Credete
che possa avere e dimostrare un autentico interesse per le necessità di chi gli
chiede di accompagnarlo in un percorso di sviluppo vocale? Mi sembra che l'unico
risultato a cui possano portare tali azioni e stili di marketing sia il
disprezzo verso gli altri, la calunnia facile, a volte l'offesa, e - credetemi
- chi agisce in tal modo finirà per essere ripagato con la stessa moneta.
Perché così facendo si alimenta la cultura della concorrenza disfunzionale e
malsana, del pugnalare alle spalle e dell'imbarazzante narcisismo ed
egocentrismo di personalità insicure. E, soprattutto, tali comportamenti hanno un
effetto negativo sulla persona più importante: i nostri allievi, studenti,
clienti e pazienti.
Ed ecco il punto
dolente: molti di noi tendono a pensare sempre a SE stessi, a ciò che NOI
possiamo guadagnare dalla situazione, come NOI possiamo metterci in ottima luce
e promuoverci a discapito degli altri, come NOI possiamo "vincere" -
spesso più sofisticamente che logicamente - una sterile diatriba online su
quale metodo sia meglio di un altro, a quanto NOI possiamo guadagnare - in
termini prettamente finanziari o in termini di "autostima"- se
riusciamo a causare il "fallimento" degli altri trainer.
Tali
atteggiamenti sussistono - in parte - perché non esiste un codice deontologico messo
per iscritto che preveda (come nel caso dei medici) che la calunnia e la
critica dei colleghi è da bandire. Ma abbiamo realmente bisogno di un codice
scritto per comprendere che tali atteggiamenti sono inutili, controproducenti e
- francamente - puerili?
A
questo punto mi si potrebbe ribattere che - quando si assiste a modalità di
insegnamento nocive e poco efficaci - si ha il DOVERE di "mettere in
guardia" gli allievi - che ne trarranno solo danni o false promesse - nonché
gli insegnanti stessi che "stanno sbagliando strada". Dopotutto - mi
si rimarcherà - quando un insegnante dice ad un allievo di "spingere
l'aria", o di "urlare", o di emettere "un versaccio"
(...), siamo palesemente di fronte ad un didatta incompetente e ad un allievo
in pericolo per la propria salute vocale.. La risposta è "Sì, ma...".
E' sì sbagliato
spingere troppa aria, ma - in determinate condizioni - l'allievo potrebbe aver
bisogno di più aria per raggiungere l'obiettivo che si pone.
E' sì sbagliato
"urlare", ma - in determinate condizioni - l'allievo potrebbe
beneficiare di una tale istruzione, ad esempio quando usa troppa poca energia,
e pensando all'urlo può ottenere sonorità paradossalmente più sane.
E' esteticamente
sgradevole "emettere versacci", ma tali suoni potrebbero - in
determinate condizioni - risultare utili a livello tecnico o anche a livello
psicologico per "sbloccare" certi schemi motori ed esplorarne altri.
In molti altri
casi vale la regola del "Sì, ma...", e le "determinate
condizioni" sono estremamente numerose, dato che gli allievi sono
estremamente diversi uno rispetto all'altro. Ragion per cui - forse -
bisognerebbe pensarci due volte prima di criticare l'approccio didattico altrui
senza sapere esattamente a cosa mira, o a che punto del programma viene
prevista una determinata istruzione. Paradossalmente, indicazioni opposte
possono portare allo stesso risultato, se non altro perché una cosa è il
contenuto semantico dell'istruzione stessa, altra cosa è l'interpretazione che
ne dà l'allievo ed il gesto neuromuscolare/vocale che ne consegue.
"Sì,
ma...", mi si dirà a questo punto, "Se si sente che un allievo è
calante, stonato, bisogna "salvare" l'allievo da quel docente
incompetente!". Innanzitutto bisogna vedere cosa si intende per
"stonato", se si tratta di un vizio d'emissione costante, o se si
tratta di imprecisione in alcune note. Bisogna poi vedere il contesto: si
tratta di una lezione o di un live? Se è un live, siamo sicuri che
l'imprecisione frequenziale sia da imputare a cattiva tecnica e - quindi - ad
un cattivo docente, e non a fattori di sound engineering? Se è una lezione, la
domanda da porsi è: da che livello è partito l'allievo? Questo è il risultato
finale o uno step di un processo a lungo termine? Siamo sicuri che si tratti di
intonazione calante e non di effetti di registrazione o di acustica ambientale
che influenzano l'input e l'output sonori? Siamo sicuri che non sia semplicemente
che lo spettro sonoro di quella specifica qualità timbrica non è di nostro
gradimento?
"Sì, ma...
se un docente sta danneggiando l'apparato pneumofonico di un allievo bisogna
intervenire!". Sì, ma... siamo sicuri che l'insegnante stia effettivamente
arrecando danni a breve o lungo termine all'allievo? Da cosa lo deduciamo? Non
è forse l'allievo che, primo fra tutti, stabilisce se una certa modalità di
emissione gli fa male o meno male, una volta che è stato adeguatamente educato
in merito ai segnali d'allarme da tenere sott'occhio?
"Sì, ma... se
l'allievo viene preso in giro dall'insegnante, se sta spendendo male il suo
danaro, è giusto che lo sappia!". Sì, certo, ma forse allora bisognerebbe
parlare direttamente con il ragazzo o la ragazza e, magari, pure con l'insegnante, al fine di capire la situazione - se è vero che ci sta a cuore il percorso
dello studente - e non "approfittare" della situazione per screditare, su una piattaforma pubblica, l'operato di un collega.
Basta
fare una semplice ricerca in internet (youtube, google, facebook...) per
trovare testi o video che indicano - a lor dire - le caratteristiche di un
cattivo o buon insegnante di canto. Basta avere un pizzico di
"cervello" per capire che, spesso, tali scritti o produzioni
multimediali non sono altro che un'ode a chi li ha elaborati... e non ci
sarebbe nulla di male, se non contenessero altresì una serie di accuse o
addirittura ridicolizzazioni del lavoro altrui.
Chi è in possesso
di nozioni basilari di psicologia sociale riconoscerà, in tale modo di fare,
delle reazioni tipiche ai cosiddetti "dilemmi sociali" (il
"dilemma del prigioniero" e la "tragedia delle risorse
comuni" ne sono gli esempi più classici); sappiamo però, sempre da questa
branca della psicologia, che il modo più efficace per risolvere i conflitti
prevede le quattro C:
-Contatto
-Cooperazione
-Comunicazione
-Conciliazione
Per rendere
migliore il nostro contesto lavorativo e l'intera "industria",
dobbiamo stabilire un contatto alla pari tra colleghi, senza sentirci
minacciati gli uni dagli altri;
dobbiamo quindi cooperare, rendendoci conto che
un team è sempre più efficace di un individuo singolo "tuttofare", a
patto che la squadra sia compatta e domini un clima di fiducia; dobbiamo
comunicare con l'apertura mentale che ci permetta di comprendere quanto,
moltissime volte, stiamo semplicemente esprimendo la stessa idea con linguaggi
diversi, oppure che stiamo vedendo lo stesso fenomeno da diverse prospettive,
tutte (più o meno) altrettanto valide, e soprattutto imparare ad ascoltare
attentamente prima di cercare di controbattere; dobbiamo quindi trovare una
conciliazione, stabilendo una rete di collaborazione che ci permetta, se necessario, di inviare
l'allievo a persone più specializzate di noi in determinati ambiti, il tutto
per il bene della persona più importante: lo studente/cliente/paziente.
Gli altri coach non sono "la concorrenza", sono i nostri colleghi, nostri pari, la nostra "squadra". Il panorama didattico vocale deve diventare più umano e al servizio del cliente, smettendo di essere (specialmente online) l'arena di qualche autoproclamatosi "guru" dai tratti di personalità discutibili che "combatte" contro chi aspira a diventarlo a sua volta.
Be the change you want to see in the industry.
Che bello questo articolo, grazie. ☺️
RispondiEliminaGrazie a Te, Valentina Julie!
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