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giovedì 6 agosto 2015

Killing me softly: come l'eccessiva esposizione sonora danneggia subdolamente il nostro udito e cosa fare per preservarlo


Chiunque lavora su (o con) la propria voce e nell'ambito della comunicazione ha l'obbligo di ascoltare molto. Il cantante, vocalist o aspirante tale deve accostarsi il più possibile a repertori musicali variegati e diversi, ascoltando registrazioni e soprattutto partecipando ad esibizioni e concerti live; l'attore deve frequentare il mondo teatrale ed il cinema, visionare pellicole di vari periodi e generi, concentrandosi soprattutto sulle grandi performance intramontabili dei maestri; il public speaker deve ascoltare le presentazioni, i discorsi, i comizi dei grandi comunicatori (...). Tutto ciò, oltre ad essere un costante "compito per casa" è, per la maggior parte di noi, anche un'immensa fonte di piacere. Ascoltare brani musicali, fruire di un concerto del nostro artista preferito, condividere con altri la gioia dell'immersione in un "bagno sonoro" ravvivante, essere spettatori di uno show con effetti sonori strabilianti ed eccitanti, "isolarsi dal mondo" per un po' grazie alle cuffie che ci immergono in una dimensione sonora alternativa..... Tutti questi atteggiamenti e comportamenti sono estremamente frequenti, specialmente tra i più giovani, ma per quanto auspicabili o piacevoli si tratta di comportamenti a rischio - sia a breve che a lungo termine - per il nostro orecchio.

Pensiamoci un attimo: l'organo che ci permette di fruire e - tramite un circuito di feedback- di fare un uso attivo della nostra comunicazione/arte è spesso trascurato e dato "per scontato". Ci prendiamo forse molto a cuore il futuro della nostra voce (e a ragione!), curando la tecnica, mantenendo un costante livello di idratazione, una corretta nutrizione, un equilibrio posturale ottimale, osservando dei momenti di riposo vocale e magari sottoponendoci regolarmente anche a visite foniatriche o otorinolaringoiatriche di controllo. Ma facciamo lo stesso per il nostro orecchio? Quanti di noi conoscono le più basilari norme d'igiene uditiva? Siamo a conoscenza dell'effettivo stato di salute del nostro orecchio?

Il meccanismo di percezione dei suoni da parte dell'orecchio umano e la successiva decodifica da parte del sistema nervoso centrale è estremamente differenziato ed affascinante. Non è negli scopi di questo post delinearne i passaggi, ma ci soffermeremo brevemente su una struttura del cosiddetto orecchio interno, chiamata "Organo del Corti". In termini molto semplici, l'organo del Corti ospita una vasta serie di minuscoli recettori (circa 18000 cellule ciliate per orecchio), che hanno il compito di captare le frequenze sonore e trasformarle in impulsi nervosi destinati poi alla decodifica cerebrale. I recettori destinati alla recezione delle frequenze più acute sono i primi della "catena", essendo localizzati in basso, mentre i recettori delle frequenze gravi sono gli "ultimi in fila". Ciò significa che i recettori delle frequenze acute lavorano "di più" e - per usura - sono i primi che "vanno in pensione" (infatti quando andiamo incontro a perdita di udito  "fisiologica" - altrimenti detta "Presbiacusia" - le frequenze acute sono quelle che "perdiamo" per prime). Ma l'avanzamento dell'età non è l'unica causa di ipoacusia conseguente alla morte di queste preziosissime strutture cellulari. Esiste anche - ed entriamo così nel nocciolo della questione - la cosiddetta "Ipoacusia indotta da rumore" o "NIHL"/"Noise-induced hearing loss". E una volta che quei recettori nell'organo del Corti sono morti, niente purtroppo li potrà rivivificare.

Chi legge, a questo punto, si sarà già chiesto - magari un po' allarmato -: "Ed io ci sento bene?". Un discreto numero di coloro che si saranno posti il quesito si sarà poi di certo rassicurato dicendosi: "Ma sì, ci sento bene, non ho nessun problema". Probabilmente è così. Lo scopo del presente post non è quello di creare allarmismi o, peggio ancora, ipocondrie inutili e dannose, bensì di diffondere una cultura della prevenzione che renda possibile una conservazione dell'udito per il tempo più lungo possibile. Ecco allora che dobbiamo tenere in considerazione alcuni punti di seguito elencati.

1. La NIHL è un processo spesso molto graduale: non ci si alza un mattino dicendo "Ho perso le frequenze acute!", bensì si è sottoposti ad un procedimento lento e progressivo di cui generalmente non si è consapevoli.

2.  Spesso gli effetti nefasti dell'eccessiva esposizione al suono emergono quando subentra l'invecchiamento auditivo (presbiacusia), peggiorandone drasticamente il decorso. Ciò vuol dire che potremmo subire i danni della NIHL più tardi nel nostro ciclo di vita, non a breve termine.

3. La misurazione delle soglie d'udito è un esame strumentale medico di competenza audiologica. Se un cantante perde le note acute (anche solo un semitono) generalmente se ne accorge da sé anche senza bisogno del medico. Se un individuo comincia a percepire con più difficoltà determinate aree frequenziali, più difficilmente riuscirà ad individuare la zona frequenziale precisa e l'entità effettiva della perdita. Inoltre, per identificare una perdita dobbiamo - per definizione - evidenziare una differenza tra un "prima" e un "dopo". Per fare ciò dobbiamo disporre di due grafici specifici (audiogrammi) risultanti da esami audiometrici effettuati a distanza di tempo. Il problema però è che l'esame audiometrico non è così in auge come l'endoscopia laringea e sono pochi coloro i quali si sottopongono a tale test. Per tale motivo chi avesse il dubbio di aver perso le frequenze acute (in termini ovviamente auditivo-percettivi), in assenza di un audiogramma precedente rimarrà sempre con l'incertezza: "Avrò perso tali frequenze? O forse non le ho mai percepite?".

4. La maggior parte dei dispositivi medici usati per la realizzazione degli audiogrammi testa la percezione delle frequenze fino a 8000/12000 Hz. Un giovane adulto con sistema auditivo integro però percepisce le frequenze che vanno dai 20 ai 20000Hz (anche se c'è un fisiologico calo percettivo direttamente proporzionale all'età). Ciò significa che - salvo l'uso di macchinari specifici - ci sarà una zona (>8/12Khz) che resterà al di fuori della "mappatura". Questa zona sarà proprio quella interessata dagli esordi dell'ipoacusia. Non si tratta di un "errore" nella progettazione degli apparecchi medici: lo scopo principale di essi è la diagnosi di deficit percettivi che intacca pesantemente la qualità della vita, ovvero dell'instaurarsi di ipoacusie che rendano difficoltosa la percezione e la comprensione della comunicazione verbale.  L'artista -o comunque l'utente professionale della voce (specie se cantante)- avrebbe tuttavia bisogno di test percettivi che prendessero in considerazione anche quella zona a frequenza più elevata.

A causare la necrosi dei recettori frequenziali dell'orecchio interno è un'eccessiva intensità sonora (misurata in Decibel) protratta per un lasso temporale eccessivo. Il NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) degli Stati Uniti, in congiunzione con la OSHA (Occupational Safety and Health Association), ha stabilito il limite di esposizione sonora standard a 85 decibel (per otto ore di lavoro), che equivale - in termini percettivi - all'udire il rumore del traffico cittadino dall'abitacolo di un' automobile. Una pressione sonora uguale o maggiore a 85 db nel contesto lavorativo è un rischio elevato per l'incolumità dell'orecchio. In Italia il limite stabilito è pressoché uguale. I lettori mp3/I-pod/cellulari possono raggiungere livelli di intensità sonora intorno ai 120 dB; i suoni che superano i 110 dB potrebbero privare le cellule nervose della guaina mielinica di rivestimento, il che impedisce l'afferenza (transito di segnali elettrici) dall'orecchio al cervello. Se ciò avviene, non c'è possibilità di recupero. Il rumore a cui sono esposte le nostre orecchie all'interno di un club rumoroso o ad un concerto potrebbe aggirarsi attorno ai 105 dB. L'autoradio ad alto volume può arrivare intorno ai 120 dB.
Come mette in risalto Deanne Meinke, professoressa di audiologia alla University of Northern Colorado, ascoltare musica con le cuffiette ad un volume pari a 100 dBA per oltre 15 minuti può causare danni irreparabili nel tempo.

Ci sono eventi traumatici più ovvi che possono innescare immediatamente l'ipoacusia, quali ad esempio lo "shock pressorio" che subisce l'orecchio all'uscita da un locale particolarmente rumoroso o da un concerto di hard-rock o da una sessione di prove con una band. In tali occasioni si sperimentano shift temporanei della soglia uditiva, accompagnati spesso da "tinnitus", un fischio o ronzio nell'orecchio. Mi sembra lapalissiano ricordare di evitare tassativamente tale esperienza. Ma il presente post vuole innanzitutto mettere in guardia contro tutte quelle abitudini quotidiane o comunque frequenti che oramai diamo per scontate (e consideriamo innocue) ma che, subdolamente e progressivamente, possono portare a NIHL. Ecco quindi una serie di consigli pratici per conservare il più a lungo possibile il nostro delicatissimo strumento dell'ascolto.

-Coscienza: prestare attenzione alla quantità/qualità di rumore ambientale a cui si è sottoposti. Iniziare ad osservare le reazioni dell'orecchio ad esso. Si può anche (attraverso apparecchi chiamati "fonometri", oramai disponibili anche come applicazioni per dispositivi mobili) registrare l'intensità sonora presente nei vari contesti.

-Cuffie: scegliere quelle con sistema attivo di cancellazione del rumore, le quali sono preferibili agli ormai classici auricolari.

-Volume dell'mp3/Ipod/cellulare/computer: settare il massimo del volume al 70%, così non ci sarà la tentazione di ascoltare musica ad un volume troppo elevato. Nell'iPhone, ad esempio, basta andare su Settings>Music>Volume Limit (Impostazioni>Musica>Limite del volume).


-Concerti/Festival/Eventi rumorosi/Prove strumentali con band: portare sempre con sé i tappi per le orecchie, da indossare specialmente se si finisce vicino ad un amplificatore o una cassa. Ricorda: soltanto un'ora di concerto può bombardare le tue orecchie con una quantità di rumore pari a 100 volte la dose giornaliera massima per la sicurezza dell'udito.

-Abbassare il volume dell'autoradio.

-Promuovere per se stessi e per gli altri uno stile di vita rispettoso dell'orecchio, il che impone l'allontanarsi da sorgenti sonore dall'intensità troppo elevata: imparare a rinunciare alle sensazioni "forti" che la musica può dare in nome della salute, presente ma soprattutto futura, del proprio apparato uditivo.

-In caso di dubbi sullo stato del proprio udito, rivolgersi ad un audiologo. Esistono delle applicazioni online e per dispositivi mobili (iPhone e Android) che propongono test della percezione auditiva, ma non possono sostituire la professionalità di uno specialista che testerà la responsività a diverse frequenze ed a diverse intensità, sia per via aerea che per via ossea, e sarà dunque in grado di evidenziare la localizzazione di eventuali problemi. Non sempre si tratta di casi irrimediabili: un'ipoacusia potrebbe, a titolo esemplificativo, essere meramente il risultato temporaneo di un tappo di cerume nel meato uditivo esterno e non vera e propria NIHL.


Sì dunque all'ascolto, ma con le dovute precauzioni. Non concentriamoci solo sullo stato attuale ma guardiamo al futuro: vogliamo proteggere il nostro orecchio ora per poter gioire della musica, della comunicazione e del suono per tutta la vita.




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