Pensiamoci un attimo:
l'organo che ci permette di fruire e - tramite un circuito di feedback- di fare
un uso attivo della nostra comunicazione/arte è spesso trascurato e dato
"per scontato". Ci prendiamo forse molto a cuore il futuro della
nostra voce (e a ragione!), curando la tecnica, mantenendo un costante livello
di idratazione, una corretta nutrizione, un equilibrio posturale ottimale,
osservando dei momenti di riposo vocale e magari sottoponendoci regolarmente
anche a visite foniatriche o otorinolaringoiatriche di controllo. Ma facciamo
lo stesso per il nostro orecchio? Quanti di noi conoscono le più basilari norme
d'igiene uditiva? Siamo a conoscenza dell'effettivo stato di salute del nostro
orecchio?
Il meccanismo di
percezione dei suoni da parte dell'orecchio umano e la successiva decodifica da
parte del sistema nervoso centrale è estremamente differenziato ed
affascinante. Non è negli scopi di questo post delinearne i passaggi, ma ci
soffermeremo brevemente su una struttura del cosiddetto orecchio interno,
chiamata "Organo del Corti". In termini molto semplici, l'organo del
Corti ospita una vasta serie di minuscoli recettori (circa 18000 cellule
ciliate per orecchio), che hanno il compito di captare le frequenze sonore e
trasformarle in impulsi nervosi destinati poi alla decodifica cerebrale. I
recettori destinati alla recezione delle frequenze più acute sono i primi della
"catena", essendo localizzati in basso, mentre i recettori delle
frequenze gravi sono gli "ultimi in fila". Ciò significa che i
recettori delle frequenze acute lavorano "di più" e - per usura -
sono i primi che "vanno in pensione" (infatti quando andiamo incontro
a perdita di udito "fisiologica" - altrimenti detta
"Presbiacusia" - le frequenze acute sono quelle che
"perdiamo" per prime). Ma l'avanzamento dell'età non è l'unica causa
di ipoacusia conseguente alla morte di queste preziosissime strutture
cellulari. Esiste anche - ed entriamo così nel nocciolo della questione - la
cosiddetta "Ipoacusia indotta da rumore" o
"NIHL"/"Noise-induced hearing loss". E una volta che quei
recettori nell'organo del Corti sono morti, niente purtroppo li potrà
rivivificare.
Chi legge, a questo
punto, si sarà già chiesto - magari un po' allarmato -: "Ed io ci sento
bene?". Un discreto numero di coloro che si saranno posti il quesito si
sarà poi di certo rassicurato dicendosi: "Ma sì, ci sento bene, non ho nessun
problema". Probabilmente è così. Lo scopo del presente post non è quello
di creare allarmismi o, peggio ancora, ipocondrie inutili e dannose, bensì di
diffondere una cultura della prevenzione che renda possibile una conservazione
dell'udito per il tempo più lungo possibile. Ecco allora che dobbiamo tenere in
considerazione alcuni punti di seguito elencati.
1. La NIHL è un processo
spesso molto graduale: non ci si alza un mattino dicendo "Ho perso le
frequenze acute!", bensì si è sottoposti ad un procedimento lento e
progressivo di cui generalmente non si è consapevoli.
2. Spesso gli effetti nefasti dell'eccessiva
esposizione al suono emergono quando subentra l'invecchiamento auditivo
(presbiacusia), peggiorandone drasticamente il decorso. Ciò vuol dire che
potremmo subire i danni della NIHL più tardi nel nostro ciclo di vita, non a
breve termine.
3. La misurazione delle
soglie d'udito è un esame strumentale medico di competenza audiologica. Se un
cantante perde le note acute (anche solo un semitono) generalmente se ne
accorge da sé anche senza bisogno del medico. Se un individuo comincia a
percepire con più difficoltà determinate aree frequenziali, più difficilmente
riuscirà ad individuare la zona frequenziale precisa e l'entità effettiva della
perdita. Inoltre, per identificare una perdita dobbiamo - per definizione -
evidenziare una differenza tra un "prima" e un "dopo". Per
fare ciò dobbiamo disporre di due grafici specifici (audiogrammi) risultanti da
esami audiometrici effettuati a distanza di tempo. Il problema però è che
l'esame audiometrico non è così in auge come l'endoscopia laringea e sono pochi
coloro i quali si sottopongono a tale test. Per tale motivo chi avesse il
dubbio di aver perso le frequenze acute (in termini ovviamente auditivo-percettivi),
in assenza di un audiogramma precedente rimarrà sempre con l'incertezza:
"Avrò perso tali frequenze? O forse non le ho mai percepite?".
4. La maggior parte dei
dispositivi medici usati per la realizzazione degli audiogrammi testa la
percezione delle frequenze fino a 8000/12000 Hz. Un giovane adulto con sistema
auditivo integro però percepisce le frequenze che vanno dai 20 ai 20000Hz
(anche se c'è un fisiologico calo percettivo direttamente proporzionale
all'età). Ciò significa che - salvo l'uso di macchinari specifici - ci sarà una
zona (>8/12Khz) che resterà al di fuori della "mappatura". Questa
zona sarà proprio quella interessata dagli esordi dell'ipoacusia. Non si tratta
di un "errore" nella progettazione degli apparecchi medici: lo scopo
principale di essi è la diagnosi di deficit percettivi che intacca pesantemente
la qualità della vita, ovvero dell'instaurarsi di ipoacusie che rendano
difficoltosa la percezione e la comprensione della comunicazione verbale. L'artista -o comunque l'utente professionale
della voce (specie se cantante)- avrebbe tuttavia bisogno di test percettivi
che prendessero in considerazione anche quella zona a frequenza più elevata.
A causare la necrosi dei
recettori frequenziali dell'orecchio interno è un'eccessiva intensità sonora
(misurata in Decibel) protratta per un lasso temporale eccessivo. Il NIOSH
(National Institute for Occupational Safety and Health) degli Stati Uniti, in
congiunzione con la OSHA (Occupational Safety and Health Association), ha
stabilito il limite di esposizione sonora standard a 85 decibel (per otto ore
di lavoro), che equivale - in termini percettivi - all'udire il rumore del
traffico cittadino dall'abitacolo di un' automobile. Una pressione sonora uguale
o maggiore a 85 db nel contesto lavorativo è un rischio elevato per
l'incolumità dell'orecchio. In Italia il limite stabilito è pressoché uguale. I
lettori mp3/I-pod/cellulari possono raggiungere livelli di intensità sonora
intorno ai 120 dB; i suoni che superano i 110 dB potrebbero privare le cellule
nervose della guaina mielinica di rivestimento, il che impedisce l'afferenza
(transito di segnali elettrici) dall'orecchio al cervello. Se ciò avviene, non
c'è possibilità di recupero. Il rumore a cui sono esposte le nostre orecchie
all'interno di un club rumoroso o ad un concerto potrebbe aggirarsi attorno ai
105 dB. L'autoradio ad alto volume può arrivare intorno ai 120 dB.
Come mette in risalto
Deanne Meinke, professoressa di audiologia alla University of Northern
Colorado, ascoltare musica con le cuffiette ad un volume pari a 100 dBA per
oltre 15 minuti può causare danni irreparabili nel tempo.
Ci sono eventi traumatici
più ovvi che possono innescare immediatamente l'ipoacusia, quali ad esempio lo
"shock pressorio" che subisce l'orecchio all'uscita da un locale
particolarmente rumoroso o da un concerto di hard-rock o da una sessione di
prove con una band. In tali occasioni si sperimentano shift temporanei della
soglia uditiva, accompagnati spesso da "tinnitus", un fischio o
ronzio nell'orecchio. Mi sembra lapalissiano ricordare di evitare
tassativamente tale esperienza. Ma il presente post vuole innanzitutto mettere
in guardia contro tutte quelle abitudini quotidiane o comunque frequenti che
oramai diamo per scontate (e consideriamo innocue) ma che, subdolamente e
progressivamente, possono portare a NIHL. Ecco quindi una serie di consigli
pratici per conservare il più a lungo possibile il nostro delicatissimo
strumento dell'ascolto.
-Coscienza: prestare attenzione alla quantità/qualità di rumore ambientale a cui si è sottoposti. Iniziare ad osservare le reazioni dell'orecchio ad esso. Si può anche (attraverso apparecchi chiamati "fonometri", oramai disponibili anche come applicazioni per dispositivi mobili) registrare l'intensità sonora presente nei vari contesti.
-Cuffie: scegliere quelle con sistema attivo di cancellazione del rumore, le quali sono preferibili agli ormai classici auricolari.
-Volume dell'mp3/Ipod/cellulare/computer: settare il massimo del volume al 70%, così non ci sarà la tentazione di ascoltare musica ad un volume troppo elevato. Nell'iPhone, ad esempio, basta andare su Settings>Music>Volume Limit (Impostazioni>Musica>Limite del volume).
-Concerti/Festival/Eventi rumorosi/Prove strumentali con band: portare sempre con sé i tappi per le orecchie, da indossare specialmente se si finisce vicino ad un amplificatore o una cassa. Ricorda: soltanto un'ora di concerto può bombardare le tue orecchie con una quantità di rumore pari a 100 volte la dose giornaliera massima per la sicurezza dell'udito.
-Abbassare il volume dell'autoradio.
-Promuovere per se stessi e per gli altri uno stile di vita rispettoso dell'orecchio, il che impone l'allontanarsi da sorgenti sonore dall'intensità troppo elevata: imparare a rinunciare alle sensazioni "forti" che la musica può dare in nome della salute, presente ma soprattutto futura, del proprio apparato uditivo.
-In caso di dubbi sullo stato del proprio udito, rivolgersi ad un audiologo. Esistono delle applicazioni online e per dispositivi mobili (iPhone e Android) che propongono test della percezione auditiva, ma non possono sostituire la professionalità di uno specialista che testerà la responsività a diverse frequenze ed a diverse intensità, sia per via aerea che per via ossea, e sarà dunque in grado di evidenziare la localizzazione di eventuali problemi. Non sempre si tratta di casi irrimediabili: un'ipoacusia potrebbe, a titolo esemplificativo, essere meramente il risultato temporaneo di un tappo di cerume nel meato uditivo esterno e non vera e propria NIHL.
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