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mercoledì 12 agosto 2015

La dinamicità della respirazione e le regole del corpo





Ogni volta che qualcuno - attore, cantante o comunicatore - si propone di studiare ed apprendere a utilizzare al meglio il suo strumento, spesso riferisce di dover imparare a "respirare bene". In effetti la respirazione, nel corso dei secoli, ha acquisito lo status di Sacro Graal della voce, spesso assurgendo al ruolo di panacea di tutti i mali e contemporaneamente, nel caso essa fosse errata, a quello di fonte di tutti i problemi della vocalità. Si tratta di un tema scottante, molto dibattuto tra i didatti e gli allievi. Fra i docenti c'è chi fa dell'insegnamento della respirazione "corretta" la base della propria didattica, chi non ne parla affatto ritenendola un concetto "superato" e poco utile in generi vocali lontani dall'emissione operistica o shakespeariana (nel caso della recitazione), chi l'addita semplicemente come una tra molte delle componenti dell'apparato fonatorio, attribuendole diversi gradi di importanza. Il problema per chi studia sta spesso nel fatto che ogni docente sembra insegnare una diversa modalità di prendere e gestire il fiato. Ecco alcuni esempi di istruzioni impartite:
-<<Si respira facendo arrivare prima l'aria nella pancia e poi lasciandola salire verso la parte alta dei polmoni>>.
-<<La pancia va tenuta in fuori durante l'intera emissione, senza permettere che "rientri">>.
-<<La pancia va fatta "rientrare" e bisogna contrarre gli addominali all'inizio dell'emissione e durante tutto il "fiato">>.
-<<L'aria va fatta uscire attraverso il canale laringo-faringeo aperto, senza restringimento alcuno, in quantità importanti>>.
-<<L'aria va "trattenuta", per cui il suono deve essere prodotto "inalando la voce">>.
-<<La respirazione deve essere rilassata, mai ansiosa>>.
Salta immediatamente all'occhio come le indicazioni sovrastanti siano una l'opposto dell'altra, con conseguente grande confusione per il povero allievo che cerca la "verità". Il punto è che, nei sistemi dinamici (come la voce o la respirazione), la verità assoluta è inconcepibile. Ciò significa che tutte le direzioni riportate precedentemente in questo post sono errate? Al contrario: sono tutte più o meno giuste, ma sono giuste esclusivamente per alcuni soggetti, in determinati contesti stilistici, in precise fasi del ciclo respiratorio, in specifiche zone dell'estensione frequenziale, in concomitanza con particolari condizioni di esecuzione. Un esempio concreto nel canto: se devo cantare con una vocalità più classico-operistica (termine di per sé già molto generico) una nota medio-grave per la durata di quattro o più battute da 4/4, prendere molta aria e tenere la pancia in fuori potrebbe non essere un problema. Se devo cantare una nota acuta in un brano rock per la durata di una misura da 4/4, utilizzare la stessa modalità respiratoria potrebbe essere un grave errore che fa "inceppare" l'intero sistema voce.
La muscolatura respiratoria ha una duplice innervazione: da parte della corteccia cerebrale (che la rende parzialmente volontaria) e da parte del tronco cerebrale (che la rende involontaria). Il tronco cerebrale fa sì che il nostro modo di respirare si adatti alle varie circostanze: camminare VS correre, veglia VS sonno, tranquillità VS agitazione, ma anche a seconda della posizione del corpo (eretta, prona, supina,...), dello stato di forma e della biomorfologia corporea (soggetti longilinei VS brevilinei, ma anche stato di gravidanza...), scopo o obiettivo sensomotorio, etc. In tutti questi casi non dobbiamo consciamente alterare il nostro modo di respirare al mutare delle circostanze in quanto il nostro corpo - a patto che il sistema neuromuscolare sia intatto - si sa autoregolare.


Questo incontestabile dato di fatto fa sorgere spontaneo un quesito:
Può forse un insegnante conoscere il funzionamento del sistema respiratorio più del sistema nervoso e muscolare neurologicamente intatto dell'allievo stesso?



Un'altra domanda, a questo punto, é: l'allievo permette che il corpo aggiusti la modalità respiratoria al variare delle condizioni di produzione oppure sta "imponendo" ad esso di mantenere uno schema motorio didatticamente o "culturalmente" appreso che non risulta forse funzionale al compito che si accinge ad affrontare? Sta manipolando la respirazione o sta permettendo che essa si adatti?
Se siamo in presenza di "manipolazione respiratoria" - possibile grazie al controllo da parte della corteccia cerebrale di cui parlavamo poc'anzi - va previsto uno studio della respirazione che miri però non alla memorizzazione di un modello comportamentale preciso ed assoluto (in senso etimologico), bensì al recupero di una funzionalità ed "adattabilità" naturale.
Alcune precisazioni sono tuttavia d'obbligo:
-Quando una persona accusa un disordine vocale, quasi sempre presenta altresì un disordine respiratorio. In questi casi è fondamentale l'intervento di una figura medica e di un esperto nel campo della riabilitazione che curi anche (ma non solo) la respirazione.
-La performance vocale implica spesso frasi più lunghe rispetto all'eloquio spontaneo. Ciò implica effettivamente la necessità di prendere una quantità di fiato relativamente superiore al "normale" (ovvero a quanto avviene nella normale conversazione). L'importante è che la quantità sia relativa, non assoluta.
-Anche nell'eloquio spontaneo alcuni individui (spesso con problemi vocali) tendono a "rimanere senza fiato". Anche in questo caso è auspicabile una collaborazione con un logopedista.
 In tutti gli altri casi, quindi, la cura della respirazione va ignorata? Assolutamente no, ma è mia convinzione che essa vada affrontata in modi molto diversi rispetto a quelli adottati dalla didattica tradizionale. Se ci rivolgiamo al movimento del mantice respiratorio, infatti, il controllo volontario della respirazione è condannato ad essere estremamente grossolano, in quanto la muscolatura che interviene (muscolatura respiratoria ausiliaria) possiede una quantità molto esigua di fusi neuromuscolari, il che la rende incapace di regolarsi finemente con la vibrazione cordale. La soluzione sta nel dedicarsi alla qualità dell'aria stessa, alla sua natura, al suo rapporto (percepibile) con la superficie cordale, con l'apertura e chiusura glottica. La proposta è di lavorare sulla propriocezione a livello di valvola respiratoria per poter regolare la pressione e il flusso in maniera più fine e appropriata all'obiettivo vocale preposto. Solo successivamente si potrà parlare di flusso costante e quindi di "appoggio" e "sostegno".
E nella recitazione? Non è forse fondamentale la respirazione profonda? Come dicevo, non c'è giusto o sbagliato, ma solo giusto/sbagliato in relazione a determinate condizioni o determinati obiettivi. Nell'emissione vocale una respirazione più "profonda" (espressione che indica schemi muscolari di "espansione" diversi in persone diverse, non semplicemente una "pancia più in fuori" per tutti) avrà determinati effetti sul suono, auspicabili o meno. Ma ricordiamo che esiste anche la respirazione profonda scollegata dalla vocalizzazione, finalizzata al rilassamento e all'acquisizione di una "neutralità emozionale" su cui poi costruire il personaggio. Si tratta, in questo caso, di una tecnica sicuramente efficace, ma che è pur sempre un espediente fisiologico finalizzato all'instaurarsi di uno stato psicologico... non è tecnica vocale.



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