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venerdì 3 giugno 2016

I noduli, ovvero i leggendari mostri che divorano le voci

Li chiamo scherzosamente "Scilla e Cariddi", in riferimento ai mitologici ed efferati mostri marini che, secondo l'epica leggenda, abitavano lo stretto di Messina. Sono lo spauracchio di tutti i cantanti e di tutti i professionisti della voce. Più comuni nel gentil sesso, a volte erroneamente diagnosticati, occasionalmente presenti anche in tenera età. Signore e signori, ecco a Voi i noduli.

Le rappresentazioni scultoree di Scilla e Cariddi e, sullo sfondo, noduli cordali bilaterali

Che cosa sono?

I noduli sono ispessimenti bilaterali e simmetrici dell'epitelio delle pliche vocali, lungo il bordo interno delle stesse, in corrispondenza del PMGC (punto di massimo contatto glottico). Un costante attrito a carico dell'area causa un progressivo ispessimento dello strato di copertura cordale fino alla formazione di veri e propri "calli" (i noduli). Si tratta della tipologia di lesione più comune nei cantanti.

Quali sono i sintomi riportati dal paziente e i segni clinici?
-Raucedine e fuga d'aria udibile;
-Neoformazioni nodulari sono rilevabili in endoscopia già nelle primissime fasi dello sviluppo delle stesse in quanto, nella zona in cui si sta sviluppando la lesione (PMGC), tende ad annidarsi ed arenarsi uno strato di muco resistente dalle caratteristiche "schiumose" o dense. 
L'accumulo ha finalità protettive, ma non indica necessariamente la presenza di neoplasie nodulari (anche se ne innalza il sospetto);

Accumulo di muco, probabile segno di presenza di lesione
Al loro esordio clinico i noduli appaiono come escrescenze di dimensioni ridotte, "morbide" e lisce, lungo il bordo cordale. Con il passare del tempo, tuttavia, l'irritazione costante dovuta a malmenage o surmenage causa un aumento di dimensioni e un ispessimento ulteriore a livello istologico: i noduli divengono conseguentemente di natura più fibrosa, "callosa", ed assumono dunque un'apparenza più biancastra. Quando la loro dimensione supera il "punto critico", interferiscono con l'adduzione delle pliche, le quali - in fase di chiusura - acquisiscono la caratteristica forma "a clessidra". Occasionalmente i noduli compaiono anche più anteriormente, vicino alla commessura anteriore;


La tipica forma a clessidra
NB: I noduli sono sempre bilaterali e simmetrici; ci sono però alcuni tipi di lesioni che potrebbero trarre in inganno l'occhio di un osservatore inesperto. Ad esempio, una cisti unilaterale può portare alla formazione di edema reattivo sulla plica controlaterale, "simulando" così la presenza (bilaterale) di noduli cordali. Generalmente, quando due lesioni parallele presentano differenze in termini di dimensioni e di forma, probabilmente non siamo in presenza di noduli;

Cisti unilaterale con edema reattivo controlaterale
-Alterazioni nella fonazione e nella propriocezione fonatoria: all'aumentare delle dimensioni e della rigidità dei noduli, lo sforzo fonatorio aumenta sempre più, mentre la voce si stanca sempre più facilmente. La produzione di suoni in piano risulta sempre più ardua, si assiste ad un calo della flessibilità e ad una riduzione dell'estensione soprattutto in acuto (la rigidità del tessuto rende difficoltoso l'allungamento delle pliche).

Cosa causa i noduli?

-La disidratazione, la patologia da reflusso gastroesofageo e laringofaringeo, il fumo, la caffeina, le malattie allergiche e l'eccessivo consumo di alcolici possono irritare le pliche interferendo così con l'efficienza della vibrazione e predisponendo allo sviluppo di lesioni come i noduli;
-L'abuso vocale (parlare ad una frequenza troppo bassa o troppo elevata; parlare con un'intensità troppo elevata; parlare e/o cantare troppo, troppo spesso e troppo a lungo; mancanza di tecnica vocale appropriata; cantare al di fuori della propria tessitura; utilizzare modalità fonatorie eccessivamente "sporche", costrette, "aspre", ariose...);
-Anche i cantanti professionisti e con una solida tecnica alle spalle possono ritrovarsi con i noduli. Ciò, tuttavia, è spesso dovuto ad un uso inappropriato della voce parlata, non tanto ad una cattiva gestione fonatoria in fase di canto. I vocalist non vengono quasi mai istruiti riguardo all'uso e alla conservazione della voce nel parlato, raramente applicano quanto appreso in riferimento al canto all'emissione che usano quando parlano (la quale può essere deficitaria o addirittura patologica).

Chi è a rischio?

-Chi esercita una professione che prevede un abbondante uso della voce e della comunicazione (insegnanti, venditori, telegiornalisti e broadcaster, predicatori e oratori...);

-Cantanti e speaker con scarse competenze tecniche, scarsa consapevolezza fonatoria o modelli motori fisiologicamente errati;
-Il sesso femminile in età adulta è statisticamente più predisposto allo sviluppo del quadro sintomatico e della lesione associata, forse a causa della tendenza (più diffusa di quanto si creda) di parlare al di fuori - spesso al di sotto - del range ottimale, oppure a causa della presenza più frequente di gap del terzo posteriore ("mutational chinks") in fase puberale e adolescenziale, che sottopone a maggior stress da attrito la porzione anteriore delle pliche vocali.

Gap di chiusura posteriore
Come si risolve la patologia?

-Si rende necessario effettuare una videostroboscopia al fine di valutare la qualità della vibrazione attorno alla lesione, la quale dà indicazioni sul grado di rigidità o "durezza" dei noduli. La presenza di vibrazione in zona perinodulare è sintomo di relativa morbidezza, diagnosi che lascia pronosticare una buona risposta alla sola terapia riabilitativa (a cura di un logopedista sotto la guida del foniatra o ORL). Se i noduli sono più duri (cosa che vediamo dall'assenza di vibrazione e dall'eventuale espansione della rigidità vibratoria anche allo strato superficiale della lamina propria), si prospetta un percorso riabilitativo verosimilmente più lungo ed, eventualmente, un concomitante intervento chirurgico;

-La terapia riabilitativa logopedica è fondamentale per tutti coloro che presentano noduli (a prescindere dalla durezza o morbidezza degli stessi) al fine di correggere le abitudini vocali errate che hanno portato all'instaurarsi della patologia e prevenire le recidive. La riabilitazione da sola può spesso risolvere il problema senza che si renda necessario il ricorso chirurgico. Il successo dell'iter terapeutico dipende dalle dimensioni e dalla "profondità" della lesione nonché,  e soprattutto, dalla compliance del paziente e dalla sua capacità di incorporare i nuovi schemi vocali e motori nella vita di tutti i giorni. In media ci vogliono dalle 12 alle 14 settimane per osservare segni di regressione, e la maggior parte dei cantanti riesce anche a tornare a cantare (a patto che dispongano di buona tecnica) prima della completa scomparsa della neoformazione;


La compliance è l'adesione da parte del paziente al programma elaborato dal terapeuta 
-Alcuni ORL e foniatri sono oggi convinti che le lesioni cordali (noduli, polipi, etc.) non scompaiano mai del tutto senza un intervento chirurgico. Affermano che una piccola parte della patologia o neoformazione rimane presente, nonostante sia invisibile persino con l'ausilio delle moderne tecnologie di ingrandimento usate in endoscopia. Tale pensiero si basa sull'osservazione di pazienti che si ripresentano in clinica con lesioni nello stesso sito istologico dopo una precedente "guarigione". Può darsi che questi specialisti abbiano ragione; oppure può essere che le recidive siano un'evidenza clinica di regioni istologiche anatomicamente (e intrinsecamente) deboli in certi pazienti. Sarà necessaria ulteriore ricerca prima di un pronunciamento definitivo sull'argomento;

-La chirurgia dovrebbe essere riservata per quelle situazioni in cui la patologia cordale interferisce con il canto ed il parlato e -soprattutto - quando il problema non si risolve nonostante la compliance del paziente nel corso di un ciclo più o meno lungo di logopedia sotto la guida di un professionista preparato. Poiché i noduli compaiono lungo il "bordo libero" (perdonate il termine un po' obsoleto) delle pliche, sullo strato epiteliale più esterno, la rimozione prevede un'incisione con conseguente formazione di tessuto cicatriziale, il quale potrebbe portare ad irreversibile rigidità cordale e/o a irregolarità nella superficie di contatto; in termini più pratici per il cantante, una tale alterazione istologica si traduce in un'estensione vocale limitata e raucedine permanente;


-A volte si osserva un ispessimento a livello del PMGC, ma non si tratta di noduli "canonici" bensì di edemi acuti, (in ambito anglosassone si parla di "acute nodules", termine spesso reso con "noduli reattivi" o anche impropriamente con "polipi"), i quali si formano rapidamente ma altrettanto rapidamente vengono riassorbiti, a patto che si rispettino alcuni accorgimenti. Se non si prendono le dovute precauzioni (in primis, riposo vocale per alcuni giorni), tali edemi possono comunque evolvere formazioni prenodulari e cronicizzarsi poi in noduli cordali veri e propri.

NB: A meno che non si tratti di una neoplasia maligna (cancerogena), le lesioni a carico delle pliche vocali ma lontane dal bordo vibrante- e che quindi non hanno conseguenze deleterie sulla capacità fonatoria- non devono per forza essere rimosse. Esistono cantanti all'apice della carriera che vivono tranquillamente con piccole lesioni cordali. Esistono altresì cantanti che scelgono di non togliersi piccoli noduli alle pliche vocali per mantenere il loro timbro caratteristico. 

Per sapere come monitorare quotidianamente la propria salute vocale, consiglio vivamente il post: Come monitorare quotidianamente la propria salute vocale

Per ulteriori informazioni sull'igiene vocale, consultate questa pagina: Dynamicalvoice.com: programma di igiene vocale.

giovedì 19 maggio 2016

L'elefante rosa

La voce delle .....anta: gli effetti della menopausa sulla fonazione e sul canto


Marta entra nel mio studio con aria decisa, indossando una mise che denota professionalità e un certo status sociale. La collana, la borsa, il foulard, gli accessori, le scarpe... tutti i dettagli danno l'idea (o, per dirla con Jung, costruiscono la "maschera") della donna in carriera, sicura di sé, self-made. Con tono di voce grave e un pizzico di autocompiacimento, dichiara di voler lavorare sulla propria voce cantata, non certo per diventare una cantante (un lavoro già ce l'ha), ma per realizzare un sogno che ha sempre avuto sin da bambina. Le chiedo di fare dei semplici vocalizzi, e la sua espressione cambia repentinamente, divenendo cupa e timorosa. La rassicuro dunque, spiegandole che si tratta di un esercizio diagnostico, finalizzato a capire quali schemi motori adotta quando usa la voce e quali caratteristiche abbia la stessa. Marta è abbastanza intonata, ha una  personalità vocale ben precisa e non presenta vizi particolarmente vistosi nella fonazione; tuttavia, quel timbro così caratteristico, quelle peculiarità acustiche nelle frequenze più elevate, quella sonorità nei gravi, la presenza di una piccola ma costante quantità di aria udibile nel suono, portano immediatamente a galla il suo stato bio-fisiologico-ormonale: Marta ha la tipica "voce da menopausa".

Nella società odierna, credo che parlare con una donna che non si conosce (se non si è il suo ginecologo)di stati ormonali, mestruazioni e menopausa, sia ancora tabù (chi scrive è un maschio, non so se tra donne sia più semplice.. o se il problema sia solo mio). Ed è effettivamente difficile tirar fuori l'argomento di punto in bianco quando si lavora con una cliente o una studentessa per la prima volta. E' spesso problematico anche per l'allieva stessa parlare della questione, sia per motivi di censura sociale, sia per riserva personale (sacrosanta). Molto spesso è cosciente della correlazione tra modifiche timbriche vocali e declino della fertilità, sa benissimo di non avere più una voce "da ragazzina", sa forse anche che il coach lo sa, ma non se ne parla. "The elephant in the room", dicono gli anglofoni. In questo caso sarebbe ancor più corretta la variante "The pink elephant in the room".

Alcune donne entrano in perimenopausa già alla fine della terza decade di vita, anche se la maggioranza inizierà ad avvertire sintomi intorno ai cinquant'anni. Dal momento che essa tende ad essere un fenomeno ereditario, è molto probabile che l'età dell'ingresso sia simile a quella della madre. Vampate di calore, palpitazioni, sbalzi di umore repentini, irritabilità e irregolarità nelle mestruazioni sono i segni che possono accompagnare tale periodo di passaggio, dovuti essenzialmente alle fluttuazioni ormonali. Per le cantanti, programmare le performance canore in funzione del calendario mestruale potrebbe risultare estremamente difficile, vista l'irregolarità/imprevedibilità dello stesso.  

Durante la perimenopausa hanno luogo i seguenti cambiamenti istologici e percettivi a livello laringeo:

-L'epitelio cordale inizia ad ispessirsi;

-Il fluido all'interno della lamina propria superficiale si addensa (ciò causa, fra l'altro, la sensazione di "secchezza");

-Tali addensamenti e ispessimenti cambieranno la propriocezione corporea: la voce forse non suonerà ancora diversa acusticamente, ma la sensazione a livello laringeo sarà probabilmente cambiata rispetto al periodo fertile;

-E' probabile che la cantante avverta un minore controllo sulla voce e la necessità di maggiore energia fonatoria (minore efficienza fonatoria nel rapporto tra energia immessa e output sonoro);

-I tessuti delle pliche vocali tendono a perdere elasticità e fibre collagene, ragion per cui l'allungamento risulta più difficoltoso, con conseguente perdita di estensione in acuto;

Quando inizia la vera e propria menopausa, ovvero al cessare definitivo delle mestruazioni:

-I livelli di progesterone scendono a zero, mentre i livelli di androgeni calano del 50% e contemporaneamente decrementano gli estrogeni;

-La temperatura corporea e l'umore ritornano abbastanza stabili;

-La voce è permanentemente più bassa, di solito di 10/15 Hz;

-Il range acuto diminuisce, e tendono a sparire anche gli armonici superiori allo spettro di Fourier;

-La secchezza cordale (ispessimento istologico e del muco) è associata a frequente "raclage";

-Si assiste spesso ad una perdita di flessibilità nonché ad una maggiore difficoltà nel passaggio tra quelli che molti cantanti chiamano "registro di petto" e "registro di testa" (difficoltà ad assottigliare ed allungare la plica vocale per incrementare la frequenza vibratoria).

Tali sintomi e segni si accompagnano poi a quelli legati all'invecchiamento, quali atrofia neuro-muscolare, bowing cordale bilaterale (miastenia laringea), instabilità del segnale vocale etc. che saranno però oggetto di approfondimento in un altro post futuro. 


E' importante ricordare che il cahier de doléances sopra riportato non rappresenta un destino ineluttabile per tutte le donne. La risposta individuale ai cambiamenti ormonali è estremamente variata e variabile, analogamente a quanto accade con l'esperienza mestruale durante il periodo fertile e la presenza/assenza di SPM e SVPM (Sindrome vocale pre-mestruale) ad essa eventualmente associate.

Vediamo ora però cosa si può fare per tentare di evitare o limitare (o, in certi casi, "curare") gli effetti della menopausa sulla vocalità.

-Non fumare. Il fumo tende a inibire la produzione di estrogeni e ciò porta a menopausa anticipata. Ricordo che la riduzione della produzione di estrogeni è associata ad una maggiore recettività  agli androgeni, in conseguenza della quale la mucosa cordale si ispessisce, perde tonicità e agilità, la voce diventa più bassa (più "maschile") e l'epitelio si atrofizza;

-Idratazione: mantenere il corpo (e la laringe) ben idratati, sia sistemicamente (bere acqua) che superficialmente (inalazioni, fazzoletto bagnato sotto le narici, curare il grado di umidità degli ambienti in cui si vive e lavora..). A volte risulta indicato (per le cantanti e solo sotto controllo medico) l'uso di mucolitici, che favoriscono la lubrificazione delle pliche vocali;

-Curare l'igiene dentale e orale (fondamentale per la lubrificazione ottimale laringea);

-Curare l'alimentazione, assumendo eventualmente integratori di vitamine (soprattutto C ed E) e minerali (magnesio..), antiossidanti, etc;

-Trattare appositamente l'eventuale presenza di reflusso gastro-esofageo o laringo-faringeo (sotto controllo medico e dopo accertata diagnosi);

-Mantenere un buon livello di fitness generale: eseguire regolarmente esercizio cardiovascolare e aerobico (nuoto, jogging, camminate, yoga...) aiuta a mantenere una buona postura, un buon livello di energia e stamina nonché una buona funzionalità polmonare;

-Terapia ormonale sostitutiva: sotto stretto controllo di un buon ginecologo, essa può rivelarsi molto utile per ritardare o arginare i sintomi e minimizzare i cambiamenti nella vocalità. E' importante - affinché i risultati siano ottimali - stabilire quale dose di estrogeni sia adatta per ciascun individuo, ragion per cui sarebbe auspicabile far analizzare i picchi ematici di estrogeni e progesterone a metà del ciclo prima dell'esordio della pre-menopausa. L'età ideale per questa misurazione si situa tra la fine della seconda e l'inizio della terza decade di vita;

-Controllare i valori degli ormoni tiroidei e, in caso di anormalità, normalizzarli (sempre sotto la guida di un endocrinologo);

-Alcune cantanti potrebbero beneficiare di trattamenti per l'artrosi (antiinfiammatori o corticosteroidi iniettati nell'articolazione cricoaritenoidea) o dell'inserimento di materiali biocompatibili nelle pliche vocali, se soggette a bowing;

-Un training vocale costante e regolare, sotto la guida di un esperto istruttore o coach, nonché la pratica del canto quotidiana (con buona tecnica) manterranno la voce parlata e cantata più agili e più forti più a lungo. Il riposo vocale prolungato, come in altri casi, è controproducente in quanto porta ad atrofia e rigidità;

Una nota per gli insegnanti: la frustrazione emotiva a cui sono soggette le donne in perimenopausa e in menopausa, specie se vocalist, può essere veramente straordinaria. L'instabilità fisiologica dovuta a condizioni istologiche e muscolari alterate si somma alla crisi psicologica legata al non riconoscere più la propria identità vocale, nonché al non riuscire più a fare ciò che si faceva prima. Queste allieve vanno incoraggiate, sostenute, e va riconosciuto e lodato il loro coraggio e la determinazione che dimostrano nell'intraprendere un percorso di (ri)scoperta del loro strumento che - con appropriati accorgimenti - può rimanere agile ed espressivo a lungo.

Marta (nome ovviamente di fantasia), e come lei molte altre allieve, ha lavorato sull'agilità cordale, sulla mobilità laringea, sullo sviluppo di un'onda mucosa regolare e simmetrica, sulla "pulizia" del suono, sulla tonicità dei muscoli fonatori e articolatori. Ha lavorato sulla voce parlata - prima ancora che sul canto - e ha adottato uno stile di vita e di alimentazione che le ha permesso di acquisire un invidiabile fitness vocale. Non ha certo la voce di una ragazzina, ma ha una vocalità artistica che rende giustizia a ciò che il suo cuore le suggerisce di comunicare attraverso la sua favella. Il suo cuore è in armonia con la sua voce, e questa è forse la cosa più importante.

Per maggiori informazioni sull'igiene vocale visita la mia pagina web cliccando qui.




sabato 19 marzo 2016

Disturbi del comportamento.... vocale?


Non sarà che la sovraesposizione a modelli estetici illusori affligga anche i cantanti? E' ora di un reality-check.




Il 15 marzo scorso si è celebrata la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata allo sviluppo dell'impegno e all'acquisizione di maggiore consapevolezza nell'ambito della lotta ai disturbi del comportamento alimentare. La campagna di sensibilizzazione sui social, sotto l'egida dello slogan/hashtag #coloriamocidililla, ha posto in primo piano la tragedia di quella che è una complessa patologia di pertinenza psichiatrica, psicoterapeutica e non solo, caratterizzata da un'eziologia multifattoriale e dinamica, che porta chi ne è affetto a vivere con l'ossessione del cibo, del peso e dell'immagine corporea. I vari specialisti che si occupano della diagnosi e del trattamento degli svariati DCA contemplati in letteratura additeranno diverse concause eziopatogeniche specifiche, a seconda della personale formazione specialistica, del background culturale e professionale, dell'esperienza, dell'eventuale orientamento (psico)terapeutico. Tale atto diagnostico non è certo di competenza di chi scrive, né probabilmente di alcun interesse per chi legge.. ma la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla può - e deve - stimolare una riflessione sui modelli di bellezza corporea propinati dall'attuale società e cultura, sollevando contemporaneamente dibattiti in merito alla loro natura, bontà, onestà e potenzialità nocive (specie per chi non ha un Io e un'immagine di sé pienamente strutturati, come nel caso della popolazione in età adolescenziale). Quali conseguenze può avere sull'autostima di una ragazzina un modello di bellezza femminile basato sulla magrezza cui fanno da contrafforte curve abbondanti in alcune zone ben precise, sulla perfezione dell'epidermide, sull'assenza di antiestetiche rughe e linee..? Quali ripercussioni avrà su un giovane uomo il misurarsi con un modello di fisicità maschile che presenta un rapporto alquanto anomalo tra massa muscolare e massa grassa, tronco a "V", definizione dei tratti esasperata, chioma folta e denti bianchissimi..? Tali caratteristiche fenotipiche sono acquisibili naturalmente e in maniera sana? Sono obiettivi che vale la pena conseguire, seppur con fatica? Sono traguardi raggiungibili o sono appannaggio di pochi individui superdotati? Sono "reali" o sono manipolazioni tecnologiche frutto di sapienti mani sulla tastiera di un computer che supporta un "miracoloso" photoshop o simili software di fotoritocco?


Cosa c'entra tutto questo con la didattica vocale? Ebbene, in base alla mia esperienza, posso affermare che il "photoshop" in ambito canoro è talmente diffuso che - generalmente parlando - i modelli vocali in ambito "moderno" che siano naturalmente perseguibili sono ben pochi. 

Innanzitutto, ça va sans dire che, almeno in linea generale, l'imitazione vocale e timbrica non è mai una buona idea; imporre ad uno strumento di produrre i suoni di un altro è, infatti, quasi sempre controproducente dal punto di vista fisiologico nonché artistico-professionale. 

Ciononostante, la maggior parte dell'apprendimento avviene inevitabilmente per imitazione, a prescindere dalla consapevolezza o meno di tale processo, ragion per cui il didatta dovrebbe istruire il discente in merito alla bontà dei modelli di riferimento, piuttosto che limitarsi all'ammonimento di evitare l'emulazione che, comunque, non verrebbe in tutta probabilità rispettato.

Dando per acquisita la capacità di comprendere che non tutte le voci sono uguali ed hanno quindi estensioni, tessiture, timbri ed agilità diverse, vediamo alcuni punti da tenere in seria considerazione quando si ascoltano brani cantati da altri artisti.

-Intonazione: lo strumento voce è uno strumento umano e, in quanto tale, imperfetto. Lo studio dell'intonazione è  ovviamente fondamentale, e ogni metodologia di addestramento vocale nel canto degna di tale nome deve prevedere degli esercizi per l'"accordatura" dello strumento nelle varie frequenze, puntando ad un elevato livello di precisione neuromuscolare e ad un'educazione e un affinamento raffinati dell'orecchio. Ciò detto, però, è importante capire che anche un minimo lavoro di post-editing su una traccia cantata è in grado di portare ogni nota prodotta dal cantante ad un grado di precisione impossibile da raggiungere in un live. L'abitudine ad ascoltare tracce realizzate ed "editate" in studio di registrazione, o registrazioni (audio e video) sottoposte a operazioni di post-editing oramai considerate di routine, porta gli orecchi "ineducati" a catalogare come "poco intonate" delle performance realmente live che, in realtà, sono molto buone. Si badi bene: ci sono chiaramente delle esibizioni live palesemente "stonacchiate" che denotano un'innegabile  incompetenza tecnica; accanto a queste, esistono tuttavia delle ottime prestazioni che tendono ad essere impropriamente classificate come inferiori da chi le confronta con la "pulizia" delle versioni realizzate in studio o sottoposte a editing con i software del sound engineering.



-Timbrica: l"'ingegnere del suono" che abbia dimestichezza con i software di equalizzazione e, soprattutto, con i compressori vocali, è un player imprescindibile all'interno della catena di montaggio che dà origine al sound "commerciale". Una voce radiofonicamente efficace è, molto spesso, una voce sapientemente trattata con i suddetti "ritocchini". E' letteralmente incredibile quanto possa differire la stessa favella quando è "scoperta", ovvero impegnata nell'atto di cantare/parlare senza amplificazione o effettistica, rispetto a quando viene registrata in studio e "corretta" con appositi programmi di sound processing. Una voce così lavorata suona immediatamente più professionale a prescindere dalle qualità timbriche del cantante/speaker.. per analogia, possiamo dire che è come confrontare un volantino stampato con la stampante di casa e lo stesso pamphlet ripulito e stampato su carta patinata ad opera di una copisteria professionale.


-Note acute: alcuni cantanti (specialmente donne, in modo particolare le cosiddette "dive" della canzone) hanno conquistato la notorietà anche (o in primis) grazie alla loro capacità di produrre acuti da capogiro, note ad altezze stratosferiche magari a volume elevato (o, come direbbero alcuni insegnanti, "a voce piena") e dalla durata considerevole. In studio di registrazione risulta molto più "facile" produrre (in senso proprio ma soprattutto nel senso lato...) frequenze acute ad intensità notevoli che si protraggono in svariate battute per una serie di motivi. Innanzitutto, la tecnologia di editing permette di stabilizzare il suono in caso di tremolii o vibrato eccessivamente ampio, di aggiustare l'intonazione laddove il cantante risultasse calante o semplicemente stonato, di allungare la nota in questione praticamente ad libitum, di regolare l'intensità, di correggere l'attacco e la chiusura della nota, di smorzare l'intensità di componenti armoniche laddove queste risultassero fastidiose, di aggiungere eco e riverbero che contribuiscono a creare quell'effetto "volume", ... In secondo luogo, la nota acuta può essere isolata dal resto del brano e cantata singolarmente, e ciò non è cosa da poco: è molto più difficile, infatti, cantare una nota acuta dopo aver eseguito quasi un brano intero, il che ha ripercussioni sui livelli di energia disponibile, sulla respirazione.. Terzo: ovviamente, in studio si possono realizzare vari "take", ovvero si registra la stessa nota (o lo stesso passaggio) varie volte, per poi scegliere il migliore (che sarà comunque trattato).


A questo punto risulta quasi un'ovvietà suggerire all'allievo di cercare sempre delle versioni live dei brani che gli interessa eventualmente emulare o comunque studiare. L'assunto di base è che in fase di live non si possa "imbrogliare" utilizzando i "trucchetti" di cui sopra. Ma il quesito da porsi, ora, è: "E' veramente live?" E, prima ancora: "Che cosa si intende per "live"?". 

Lungi dall'essere un sofismo, quest'ultimo interrogativo merita di essere chiarito ulteriormente.
In TV vengono spesso mandati in onda dei programmi in cui alcuni artisti - più frequentemente molto celebri - si esibiscono "dal vivo". Certo, può darsi che non stiano utilizzando il playback e cantano quindi "live"... ma, a volte, quello che succede è che le loro "performance" vengono registrate precedentemente alla "diretta", mettendoli nelle condizioni di cantare senza l'ansia legata alla consapevolezza di essere guardati contemporaneamente da migliaia/milioni di spettatori, nonché con la relativa tranquillità legata alla possibilità di eseguire eventualmente il loro brano una seconda (e terza) volta nel caso qualcosa dovesse andare storto. Quando poi la trasmissione viene mandata in onda (questa sì in "diretta"), al momento dell'entrata in scena dell'artista in questione il conduttore farà la presentazione e, a quel punto, verrà inserito il "video" della performance. Resta comunque una performance live, ma "in differita".



Si obietterà dunque che la soluzione sta nell'andare a vedere i concerti. Quelli sono "sicuramente live". Ma.. ne siamo certi? E' oramai risaputo che i cantanti di una certa fama utilizzano le pre-recorded vocal tracks, ovvero dei passaggi tecnicamente difficili (di solito si tratta degli acuti o delle dinamiche in forte) che vengono preregistrati e inseriti al punto giusto all'interno della performance live. In altre parole, il cantante esegue effettivamente in tempo reale l'intero brano, ma al momento di produrre quelle "money notes" acute e forti che tutti stanno aspettando con trepidazione, il fonico fa partire la traccia pre-registrata sulla quale l'esecutore canta "in playback". Sia ben chiaro: il ricorso a questi espedienti è, a mio parere, assolutamente comprensibile, in quanto la voce umana è estremamente dipendente dallo stato di salute, fitness e riposo generale del soggetto, e non è possibile per nessuno essere sempre al massimo della forma e produrre acuti stratosferici forti, lunghi e impeccabili per tre ore di fila, sette giorni su sette, per anni ed anni. Soprattutto se in ballo ci sono grosse cifre di denaro, nonché la credibilità e il successo di un artista di spessore internazionale, su cui grava il peso di una tale responsabilità. Questi artisti sono a volte perfettamente in grado di eseguire tali passaggi difficili, e il ricorso alle pre-recorded tracks è una procedura "di sicurezza". Altri cantanti, invece, non sarebbero assolutamente in grado di riprodurre dal vivo quanto "sfoggiano" artificialmente nei loro cd, vuoi per mancanza di competenza tecnica o addirittura perché la loro vocalità è essenzialmente un prodotto della tecnologia e ha ben poco a che fare con le loro reali caratteristiche fonatorie e timbriche. Anche per questo motivo, bisogna stare attenti a valutare se un "live" è veramente tale e se lo è in toto. 

      



Se un allievo o aspirante cantante non è cosciente di questi (e molti altri) "aiutini" da cui possono trarre vantaggio i cantanti affermati, rischia di sviluppare una sorta di complesso d'inferiorità sovrapponibile a quello che un(a) giovane può sperimentare di fronte alle immagini photoshoppate di modelli e modelle dai look sovrumani. E resto del parere che il docente serio debba proteggere lo studente sia da false illusioni che da inutili, ingiuste ed ingiustificate crisi di autostima.





domenica 28 febbraio 2016

Quel romantico nemico invisibile


"Respiriamo l'aria e viviamo aspettando primavera"? Non certo il 54% della popolazione, che secondo le stime sarebbe in qualche modo afflitto dal fenomeno delle allergie primaverili (e non solo).

Al ciclico alternarsi delle stagioni corrisponde il susseguirsi dei diversi periodi di fioritura delle piante. Ecco allora che invisibili nubi di polline si riversano nell'atmosfera, diffondendosi anche a diversi chilometri di distanza dalla sorgente per depositarsi un po' ovunque, anche sulle mucose congiuntivali, nasali e delle vie aeree. Se le persone sono sensibilizzate alle proteine allergeniche liberate dai pollini, reagiscono con caratteristici sintomi clinici, fra cui:

-Congiuntivite allergica: un intenso prurito, lacrimazione e fotofobia, con concomitante iperemia congiuntivale ed edema a carico della congiuntiva palpebrale, spesso associato a rinite

-Rinite allergica, che implica:
a. Starnuti a salve
b. Rinorrea acquosa (ovvero naso che cola)
c. Congestione e prurito nasale: talvolta tale sgradevole sensazione si espande fino a raggiungere il palato, la laringe e gli orecchi. Gli individui allergici possono altresì accusare anosmia (non sentono gli odori) e cefalea frontale dovuta all'edema della mucosa che ostruisce i seni paranasali
d. Esigenza di sputare e sensazione di corpo estraneo in gola

-Asma bronchiale allergico: i sintomi associati sono tosse e dispnea (cioè difficoltà respiratoria).

Le allergie respiratorie possono essere determinate da una vasta gamma di sostanze dette allergeni. Di seguito, ne cito i più ricorrenti.

-Betulacee e corilacee: sono tra le prime piante a fiorire, tra gennaio e inizio aprile; tra di esse vi sono la betulla, il nocciolo e l'ontano.






-Graminacee: la comparsa dei pollini si registra tra aprile e giugno, con un "colpo di coda" verso settembre. Hanno tutte caratteristiche sovrapponibili, tranne l'erba canina, la quale va eventualmente testata singolarmente.


-Parietaria: fiorisce da maggio a luglio, con una ripresa a settembre e ottobre. Ha caratteristiche di allergene perenne in alcune regioni del Sud Italia
-Olivo: il periodo di fioritura è da maggio a giugno. Diffuso sulle coste italiane nonché nella zona del lago di Garda.

-Acari: il Dermatophagoides Pteronyssinus dà origine al più potente allergene che causa l'asma. Si adattano bene alle abitazioni e dimorano soprattutto nei letti e nei tappeti, nutrendosi delle scaglie di pelle umana derivanti dalla fisiologica desquamazione. Le loro feci hanno dimensioni intorno ai 20 millesimi di millimetro e sono quindi suscettibili di essere inalate in profondità dal naso e nei polmoni.


-Epiteli animali: sono fra le prime cause di reazioni allergiche. Perché si scateni il fenomeno non è nemmeno necessaria la presenza dell'animale, in quanto gli allergeni sono presenti nell'aria e nella polvere di casa.

-Muffe: le spore di Cladosporium Herbarum raggiungono valori elevati anche in primavera-estate e la muffa colonizza le sostanze vegetali, in particolare l'erba. Sono rintracciabili anche sulla frutta, negli umidificatori, nei filtri dei condizionatori nonché nelle macchie di umidità sui muri.

Fra i criteri diagnostici  del "male di stagione" si annoverano i seguenti:

-Prevalente comparsa tra gli 8 e i 40 anni
-Anamnesi familiare frequentemente positiva
-Pregresse manifestazioni di eczema atopico (specie in età infantile)
-Stagionalità nell'insorgenza dei sintomi
-Positività ai test cutanei con allergeni pollinici
-Possibile riscontro di eosinofilia ematica
-Rast (ricerca nel sangue degli anticorpi antiallergeni) positivo.

La prima forma di terapia rimane sempre la prevenzione ambientale tramite bonifiche, piccoli accorgimenti giornalieri o misure per l'allontanamento dell'allergene (per gli allergici agli acari si sconsiglia il contatto lavorativo o domestico con ambienti polverosi e si raccomanda l'uso di purificatori d'aria; per gli allergici ai pollini si consiglia di evitare i luoghi aperti nelle stagioni pericolose e soprattutto nelle giornate ventose).

Vediamo ora gli effetti dell'inalazione di allergeni sul meccanismo vocale, e come controllarli.
Le allergie tendono a portare ad edema ed eritema diffuso a carico del rivestimento epiteliale delle pliche vocali nonché della mucosa di rivestimento dell'intero tratto vocale. La propriocezione ne risulta drammaticamente compromessa, ragion per cui giunge difficile controllare la fonazione e la risonanza nel parlato e soprattutto nel canto. Il rigonfiamento delle pliche vocali produce un suono rauco, a volte sovrapponibile percettivamente a quanto si osserva in soggetti affetti da laringite. La congestione delle cavità di risonanza contribuisce a sua volta ad alterare i parametri percettivi del suono, sia all'orecchio dell'ascoltatore che dell'emittente. Nel tentativo di proteggere i tessuti dall'allergene irritante, il corpo produrrà - molto probabilmente - muco dalle caratteristiche più viscose. Tale compromissione dell'apparato pneumofonatorio predispone alle lesioni cordali, in quanto favorisce sforzi eccessivi e compensazioni chiaramente controproducenti.
In base a uno studio di Konig e Wyke, la disfonia nei pazienti con rinite allergica potrebbe essere innescata dall'attivazione di riflessi rino-laringei dovuti a fibre vasomotrici e secretrici di tipo simpatico e parasimpatico presenti nella mucosa laringea e nel muscolo vocale (Konig W.F. and Von Leden H., The peripheral nervous system of the human larynx. II. The thyroarytenoid (vocalis) muscle. Arch Otolaryngol, 1961. 74: p. 153-163. Wyke B., Neurological Mechanisms in spasticity: a brief review of some current concepts. Physiotherapy, 1976. 62(10): p. 316-319).
Stando alla spiegazione di Sant'Ambrogio et al., invece, la disfonia sarebbe da correlare alla presenza di recettori specifici nelle coane nasali i quali, registrando valori di pressione negativa, provocherebbero in via riflessa l'aumento dell'attività del muscolo cricoaritenoideo posteriore (muscolo abduttore delle pliche vocali). (Sant'Ambrogio, G. et al., Laryngeal receptors responding to transmural pressure, airflow and local muscle activity. Respir Physiol, 1983. 54(3): p. 317-330).

Proseguirò ora con l'enumerazione di alcuni rimedi e soluzioni, raccomandando come sempre di evitare l'automedicazione e di rivolgersi sempre ad una personalità medica competente.

-Consultare quanto prima un allergologo: l'individuazione delle cause non è sempre semplice. Un test cutaneo o un esame del sangue positivi possono non essere sufficienti per una diagnosi oggettiva. E' bene avvalersi dell'esperienza di medici specialisti che, sulla base di un'attenta anamnesi, di un accurato esame obiettivo, e talora con test allergologici specifici, possano individuare i fattori responsabili ed impostare la strategia terapeutica più corretta, compresa una spirometria per un'eventuale diagnosi di asma bronchiale.

-Far presente al personale medico di riferimento che hanno a che fare con un professionista della voce: alcuni (oserei dire, molti) dei medicinali prescritti tendono a seccare - anche notevolmente - la laringe e l'intero tratto vocale (cfr la parte finale di questo post).

-Indossa una mascherina: se le reazioni allergiche sono scatenate dal contatto con erba, pollini, polvere e muffe, risulta imperativo indossare una maschera protettiva quando si eseguono attività "a rischio", quali tagliare l'erba, la pulizia della casa, etc.

-Mantenere la propria abitazione ed il proprio domicilio accuratamente puliti, passando regolarmente l'aspirapolvere (ricordate la mascherina!) magari dotato di filtro HEPA.

-Cambiare debitamente i filtri dell'aria (mensilmente, se possibile).

-Usare - se necessario - un umidificatore nei mesi invernali.

-Dormire con il capo elevato: tale posizione migliora il drenaggio dei seni paranasali. La posizione supina della testa, al contrario, favorisce il ristagno del muco all'interno del seno mascellare e nel retro della faringe, andando conseguentemente ad irritare le mucose di rivestimento nonché dando vita ad aree umide che attirano i batteri. Il ristagno di muco al'interno di un seno paranasale predispone altresì all'infezione dello stesso.

-Evitare di starnutire producendo un suono vocale: cercare di produrre, in fase di starnuto, un suono "ch" sordo (ovvero senza vibrazione cordale e conseguente suono udibile) in modo da non traumatizzare la superficie cordale.  

-Bere acqua calda o the alle erbe con limone, per un'efficace azione anticongestionante.

-Se necessario ricorrere (tramite prescrizione medica, preferibilmente, oppure richiedendo medicinali "da banco") a mucolitici.

-Evitare l'assunzione di alcolici: essi sono vasodilatatori e stimolano la produzione di muco, peggiorando la congestione nasale.

-Eseguire quotidianamente dei lavaggi nasali con acqua (termale) o una soluzione salina: per istruzioni su come fare (in inglese): http://www.webmd.com/allergies/ss/slideshow-nasal-irrigation

Un discorso un po' più articolato merita la trattazione della terapia farmacologica normalmente prescritta dagli pneumologi. Essa comprende, di routine, gli antistaminici, i cromoni, gli antileucotrieni, in particolare i cortisonici locali e sistemici, a cui si aggiungono eventualmente i broncodilatatori. La maggioranza di tali rimedi farmacologici ha proprietà seccanti e tende ad ispessire la secrezione mucosa. Tale effetto potrebbe anche essere desiderabile, laddove un utente della voce accusi secrezione mucosa eccessivamente abbondante in seguito a reazione allergica, ma spesso è controproducente e mette in serio rischio l'incolumità degli organi fonatori. E' consigliabile, per chi usa la voce a fini professionali, iniziare (se effettivamente è necessario un trattamento farmacologico) con uno spray corticosteroideo topico nasale: tali rimedi, infatti, riescono spesso a bloccare la reazione allergica con effetti meno seccanti sulla laringe e la faringe, e risultano sicuri e più efficaci degli antistaminici nel controllo dei sintomi. Solo successivamente, in caso di insuccesso o di gravità sintomatica, si può pensare di aggiungere un antistaminico al bisogno, a basse dosi. Se si deve sostenere una performance vocale in orario serale, sarebbe comunque auspicabile che l'eventuale antistaminico fosse assunto il mattino, lontano dall'esecuzione vocale. Sembra che - al vaglio dei benefici e degli effetti collaterali - la Loratadina (nome commerciale: Clarityn) sia uno degli antistaminici migliori per i professionisti della voce. Se dovesse risultare troppo "blando", ve ne sono comunque altri che il medico di fiducia saprà certamente consigliare. Un po' di "sperimentazione" (sempre e solo sotto controllo medico) permetterà verosimilmente di identificare il prodotto migliore per ogni singolo individuo, valutando benefici, effetti collaterali e compatibilità con lo stile di vita e la professione del soggetto. Attenzione alla quantità di pseudoefedrina contenuta negli antistaminici: una concentrazione troppo elevata (120-140 mg) avrà proprietà seccanti eccessive e potrebbe causare persino insonnia, ipertensione e aumento del battito cardiaco. Per coloro che non vogliano fare uso di corticosteroidi, nonostante essi risultino assolutamente sicuri se usati al giusto dosaggio e all'interno di tempistiche ragionevoli (alcuni spray nasali possono provocare effetto rebound se usati eccessivamente a lungo, nonché "dipendenza"), esistono in commercio anche degli spray "naturali" che contengono Capsaicina, i quali risultano sicuri ed efficaci. In casi più preoccupanti, la terapia dell'eziologia allergica può anche prevedere la desensibilizzazione (il vaccino, ovvero l'immunoterapia specifica), che si basa sulla somministrazione di dosi crescenti dell'allergene o degli allergeni coinvolti fino ad indurre una tolleranza clinica dell'organismo verso l'allergene stesso.

Per chi canta o usa la voce per lavoro, l'allergia è un vero e proprio flagello che però, se accuratamente identificato, può essere generalmente tenuto sotto controllo. Le manifestazioni cliniche sono estremamente variabili per gravità e durata. Purtroppo, attendere non serve: quando c'è un'allergia respiratoria, raramente si verifica una risoluzione spontanea dei disturbi. Nella maggior parte dei casi, anzi, il quadro clinico tende alla cronicizzazione o addirittura al peggioramento. Per questo motivo si raccomanda un'esatta e precoce diagnosi a cui faccia seguito un'appropriata terapia.

Per ulteriori informazioni sull'igiene vocale: http://www.dynamicalvoice.com/igiene%20vocale.html

sabato 9 gennaio 2016

"Io sono contraria alle scuole di canto", dalla Pausini a Mina. Cosa c'è di vero?












Le sentenze lapidarie pronunciate "per" o "contro" qualcosa o qualcuno, specialmente se definitive e assolute, sono sempre criticabili. Ciò è applicabile pure a quanto accaduto qualche giorno fa nel corso della trasmissione televisiva "Che tempo che fa", quando Laura Pausini - celeberrima eroina internazionale della canzone italiana - ha dichiarato testualmente:

<<Io non voglio fare una polemica su questo perché ognuno ha il suo punto di vista, ma io sono contraria alle scuole di canto. Per me non ci può essere nessuno che insegni ad un altro come cantare, perché diventa "tecnico", secondo me tutto questo è lontanissimo dall'arte del canto (...)>>.


Il popolo dei cantanti e, soprattutto, dei docenti di canto italiani, si è ribellato sui social a suon di critiche e con reazioni che vanno dalla semplice indignazione al desiderio di avviare addirittura un procedimento legale contro la cantautrice, che ha osato infangare il loro lavoro o oggetto di studio. La risposta da parte dei vocal coach era doverosa, dal momento che ad essere attaccato direttamente (e dal pulpito di un evento mediatico importante a livello nazionale) è il valore del loro stesso operato, e ad essere messo in discussione è il senso della professione in sé.

Leggendo i post e i commenti degli insegnanti di canto, che si scontrano inevitabilmente con i sostenitori e i fan di Laura Pausini, mi è tornato alla mente quanto lessi parecchi anni fa, casualmente, sulla rivista Vanity Fair. Nel 2008 mi capitò fra le mani un numero della suddetta pubblicazione, la quale conteneva (e forse contiene tutt'ora) una sezione in cui la grande Mina (sì, proprio lei) rispondeva ai quesiti dei lettori in merito ai temi più disparati. Conservai il trafiletto con una domanda e risposta che mi colpì, in quanto ricordo che lo trovai certamente equivocabile ma anche drammaticamente onesto. Per chi abbia la possibilità di recuperare la rivista in questione, la data riportata in calce all'intervento di Mina è il 31/12/2008.
A scrivere è la signora "Silvia" di Padova che chiede, in essenza, se all'età di 23 anni possa ancora sperare di iniziare una carriera come cantante e - se sì - come dovrebbe muoversi, quali scuole o agenzie dovrebbe contattare. Riporto testualmente alcune parole della risposta di Mina:

<<(...) E mi devo ripetere, perché la mia opinione è sempre la stessa, non cambia. Non credo a quelli che chiedono soldi, troppi, per insegnarti una cosa che già conosci. A meno che tu non voglia cantare la Carmen. In più... la musica è finita. Internet l'ha ammazzata. Cioè tutto è diventato ottenibile gratuitamente, e a soffrirne sono gli operatori del settore che non hanno più introiti sufficienti per permettersi esperimenti con elementi nuovi. Per quanto riguarda i dischi o i cd, come li vuoi chiamare, sono in grave sofferenza anche i grandi nomi della "canzone", figurati un po'. Siamo in regime di Far West, e non vedo soluzione. Quindi, Silvia, è con amarezza che ti devo dire: "Lascia perdere". Un bacio>>.

(tratto da Vanity Fair, 31.12.2008).

"Non credo a quelli che chiedono soldi, troppi, per insegnarti una cosa che già conosci". Anche Mina sembra quindi essere dello stesso parere della Pausini per quanto riguarda le "scuole di canto". Dando per scontato che entrambe le artiste facciano riferimento all'ambito pop (e Mina lo esplicita un po' di più rispetto alla Pausini), si può essere d'accordo sul messaggio soggiacente (non sulla maniera di esporlo, facilmente equivocabile dagli spettatori/lettori): se con il termine "scuola" si fa riferimento ad un prescrittivismo artistico (legato ad un gusto personale o culturale), allora la "scuola di canto" coincide con un procedimento di omologazione dei cantanti, un'uniformazione delle voci (e delle personalità espressive) che collima con quella particolarità e individualità tanto esaltate e ricercate nell'ambito del  pop e della commercial music. La distinzione tra ciò che è fisiologico e ciò che piace (oggettivo il primo, soggettivo e variabile il secondo) non è chiara in tutte le "scuole" di canto, e alcuni didatti tendono talora a confondere "insegnare a cantare" con "insegnare a cantare come piace a me". Quando "come piace a me" tende ad un'impostazione un po' più classica, il suono e lo stile d'emissione richiesti e giudicati positivamente dal docente saranno probabilmente simili a quelli che la Pausini definisce "tecnici", ovvero verosimilmente troppo "impostati" e non "naturali". Si può essere generalmente d'accordo con questo, ma fino ad un certo punto. Ci sono allievi che richiedono esplicitamente di imparare uno stile, magari scegliendo di prendere lezioni di canto da un determinato insegnante anche perché ne ammirano le doti artistiche e vorrebbero emularne le qualità. Il gusto si acquisisce per esposizione e la maggior parte dell'apprendimento avviene per imitazione: se un cliente (pagante) vuole imparare a esprimersi secondo i dettami di un determinato stile, ed è una sua scelta "libera", perché mai non lo si dovrebbe accontentare? A volte si ha invece a che fare con allievi che non hanno alcun senso "stilistico", producono suoni ma pendono dalle labbra dell'insegnante per capire se sono suoni gradevoli o meno; in quel caso è imperativo - almeno a parer mio - che il docente sia chiaro nel distinguere il giudizio sulla bontà fisiologica della produzione sonora (e già per fare questo bisogna essere qualificati e adeguatamente addestrati, e non è da tutti) dalla valutazione soggettiva della qualità estetica. 

Per chiarire il concetto, ecco un paio di esempi di commenti che sono secondo me appropriati:

"E' un suono sano, non dovrebbe affaticarti più di tanto. A mio parere forse potrebbe essere percepito come leggermente impostato per il genere che vuoi cantare, per cui magari non lo userei sempre".

"E' un modo di cantare molto naturale, un po' graffiato, che potrebbe darti dei problemi laddove necessitassi di elevare l'intensità ad esempio. Un sound molto personale e a mio parere efficace nell'ambito pop-rock, ma attenzione alla salute vocale prima di tutto".

Per contrasto, ecco invece due esempi di valutazioni didattiche in cui il confine tra fisiologia e gusto si affievolisce:

"E' un suono troppo poco avanti, stai ingolando e non sento le armoniche alte. Anche se il suono è basso nel range parlato, devi metterlo avanti".

"Le note sono troppo poco legate, devi respirare meglio con il diaframma e immaginare una nota dentro all'altra, altrimenti è troppo di gola".


Mi sono interrogato più volte, nel corso della mia carriera scolastica e professionale, su che cosa debba realmente insegnare un vocal coach. Credo che ogni caso sia distinto, che ci debba essere chiarezza di comunicazione di intenti da parte dell'allievo e onestà da parte del didatta al fine di sviluppare una sana ed eticamente solida relazione di lavoro. In linea di massima, credo che il coach debba comunque "accordare" una voce (ovvero intonarla), insegnare a "suonare" lo strumento voce (ovvero palesarne le potenzialità ma anche i limiti meccanico-espressivi), "allenarla" (con un regime molto simile a quello adottato da un personal trainer sportivo) e aiutare l'allievo ad applicare le neo-acquisite capacità all'ambito prescelto (ad esempio esplorando i vari generi musicali e stilistici) suggerendo - mai imponendo - delle scelte che valorizzino lo strumento e la personalità individuale. Chissà se questa modalità di fare "lezione di canto" (termine che personalmente aborro..) è nota alla Pausini e a Mina..

Quest'ultima parla - nel suo intervento su Vanity Fair - di imparare "una cosa che già conosci". Alcune persone che scelgono di prendere "lezioni di canto" (non certo tutte) certamente sanno già cantare (non è poi così diverso dal parlare, sotto certi punti di vista..). 

Ma  anche chi comincia a lavorare con un preparatore o un personal trainer certamente se ne intende già un po' di calcio o di fitness.. il coach, in questo caso, prepara un programma di sviluppo e allenamento su misura per ottenere il massimo da ogni individuo. Ciò che gli permette di raggiungere risultati è la sua esperienza e competenza nello specifico ambito sportivo. Il vocal coach fa lo stesso: grazie alle sue conoscenze fisiologiche, acustiche, artistiche, pedagogiche, musicali (...) elabora un percorso di formazione graduato e misurabile che permetta all'allievo di raggiungere risultati in tempi ragionevoli. Questa è la mia idea di vocal coaching e di "scuola di canto".
Hanno quindi ragione la Pausini e Mina quando dicono che nessuno insegna a cantare, ma credo che - seppur non tutti possano aspirare al successo raggiunto da loro due - tutti abbiano il diritto di poter studiare e migliorare, ottenendo il massimo che la loro "costituzione" (fisica e mentale/artistica) consente.

Fra le critiche sollevate alla Pausini dopo le dichiarazioni a Che tempo che Fa, la più feroce è stata quella che fa riferimento alle sue condizioni di salute vocale non certo ottimali. E' stato detto che proprio lei, che si è dovuta sottoporre a operazioni più volte per ripristinare la salute delle corde, non dovrebbe permettersi di denigrare le scuole di canto (sottintendendo che se le avesse frequentate tali interventi non si sarebbero resi necessari) . Sono completamente d'accordo nel mettere in risalto che lo studio del canto deve porsi l'obiettivo di insegnare delle tecniche (di riscaldamento, defaticamento, rilassamento, di emissione etc.) che prevengano o persino riducano i danni istologici alle pliche vocali causati da malmenage (o uso errato dell'apparato pneumofonico). Vorrei però aggiungere due osservazioni:

-Non è professionalmente corretto parlare dello stato di salute della Pausini in quanto nessuno di noi sa realmente quale sia la condizione del suo strumento e se si sia effettivamente sottoposta a interventi chirurgici (una terapia medica è cosa ben diversa da un'operazione chirurgica);

-A onor del vero, i danni a carico delle pliche vocali non sono dovuti sempre e solo a malmenage. Nel caso degli artisti di grande fama è spesso il surmenage a mietere vittime su vittime. Anche con una tecnica perfetta (di cui la Pausini non è certamente - e forse "orgogliosamente" - in possesso), la frequenza dei concerti, delle interviste, delle promozioni, delle prove, la lunghezza dei viaggi e delle permanenze in condizioni di aerazione qualitativamente povere, l'insufficiente riposo notturno, la mancanza di idratazione, fenomeni di allergia o raffreddamento, squilibri ormonali, tensioni psichiche e molti altri fattori possono causare patologie vocali. Una cosa è cantare in un gruppo il sabato sera, ben altro peso ha la vita tipica dell'artista in tournée mondiale. Non è quindi corretto far credere che l'eventuale presenza di patologie vocali, attuali o pregresse, sia solo ed esclusivamente il risultato della mancanza di lezioni di canto (la quale è certamente un fattore di rischio, ma solo uno dei tanti).

Io credo che chi voglia cantare debba affrontare un percorso di formazione vocale serio, che gli faccia acquisire tecnica, resistenza, norme di igiene e che lo stimoli artisticamente. Credo anche che esista un talento, un'originalità che può essere valorizzata, stimolata, "tirata fuori" se latente, ma raramente creata ex novo. Credo che per trovare "quello che già sai fare", per usare le parole di Mina, ogni artista debba fare un percorso di introspezione che nessuno può fare per lui, nemmeno il produttore, ma che l'insegnante di canto (o, meglio, il vocal coach) possa essere un'esperta guida su tale strada. Ciò in cui non credo, invece, sono le dichiarazioni assolute, equivocabili da molti, di tipo aut-aut, in bianco e nero, come quella della Pausini. Qualcosa di vero c'é. Le scuole di canto non trasformeranno di certo la Pausini in Mina, ad esempio. Ma possono certamente aiutare tutti a sviluppare ciò che hanno, a migliorare, a non farsi del male, a cantare per tutta la vita, ad allenare il proprio strumento.. e ciò non è poco.

Per ulteriori informazioni sul vocal coaching: www.dynamicalvoice.com