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venerdì 11 dicembre 2015

Porte aperte e porte chiuse: dalla società alla fisiologia del suono vocale


Porte che si aprono e porte che si chiudono; frontiere che accolgono e frontiere che sbarrano l'accesso; pareti che dividono, tetti che limitano e ponti che uniscono. 
Nel clima sociopolitico di queste settimane il topos della "porta" si è fatto presente a vari livelli e con tutte le sue connotazioni: nell'emergenza immigrazione (con chi "spalancherebbe" le porte d'accesso e chi le sigillerebbe), nell'opportunità/dramma dell'emigrazione, nell'apertura della Porta Santa all'interno del mondo cattolico, percorso da decenni anche da un'ondata di opinioni relativa all'apertura/chiusura nei confronti di vari temi di carattere sociale o bioetico. Si tratta essenzialmente di porte - reali o metaforiche - che agiscono a livello comunitario o anche individuale, le quali possono essere sia la causa che la conseguenza di uno stato d'animo e di un orientamento alla chiusura o, viceversa, all'apertura verso elementi che vengono percepiti (a volte erroneamente) come diversi o lontani da sé. 
L'analogia potrà sembrare un po' forzata ai non addetti ai lavori, ma chi si occupa di vocalità sa bene come l'apparato cosiddetto vocale sia un insieme di porte.

La funzione più arcaica e basilare della laringe è quella di separare (o collegare?) la trachea e le vie aeree inferiori dal/col tratto vocale, sede e "incrocio" di apparato respiratorio e digerente. 
Essa permette, aprendosi, la respirazione, mentre impedisce, chiudendosi, l'entrata di particelle estranee nelle vie aeree inferiori - cosa che porterebbe alla morte. 
La laringe altresì può chiudersi serratamente e - tramite un incremento pressorio intra-alveolare- procedere all'espulsione di materiale presente in trachea o nei dintorni di essa.



La vocalizzazione - funzione acquisita soltanto "recentemente" nel percorso evolutivo e non ancora ottimata per la nostra specie - è possibile grazie ad un delicato equilibrio di apertura e chiusura delle pliche vocali, corrispondente alla creazione di cicli di compressione e rarefazione delle molecole aeree (ovvero alla creazione di "suono", se l'oscillazione è captabile dal nostro orecchio). 
La domanda che l'aspirante cantante dovrebbe porsi sin dall'inizio del suo percorso di ricerca é: nella mia personale modalità vibratoria cordale prevale l'orientamento all'apertura o alla chiusura? 

A prescindere dalla realtà anatomofisiologica, la percezione che guida i nostri modelli interni è basata su un'immagine delle pliche vocali come ostacolo al flusso aereo oppure come strettoia o cunicolo? La "porta" è chiusa, aperta o socchiusa? E se è socchiusa - richiamando il dilemma dell'ottimista e del pessimista - è mezza aperta o mezza chiusa? 
Non si tratta qui di giocare con la fantasia, ma di affinare la propriocezione motosensoriale, cercando di ampliare la propria conoscenza del corpo e dei processi interni che lo guidano a prescindere da nozioni teoriche acquisite in precedenza che possono - in alcuni casi - falsare la percezione di sé.


Al di sopra delle pliche vocali vere altre due "ante", le pliche ventricolari, rappresentano un'ulteriore porta. La mentalità di tipo aut/aut (o in bianco e nero), tipica di alcuni esseri umani seppur adulti, tenderebbe a suggerire che in questo caso sia nettamente auspicabile lo "spalancare" l'accesso. Tale manovra potrebbe certamente risultare utile per alcuni cantanti, ma l'effetto flow-on di un'eccessiva "retrazione" potrebbe compromettere, in alcuni contesti, la funzionalità adduttoria delle corde vocali sottostanti, andando a creare una catena di "spifferi" poco promettente per una fonazione ergonomica.

L'epiglottide, un po' più in alto, pone la stessa problematica. L'eccesso di chiusura dell'anello sfinterico che essa concorre a formare causerebbe un restringimento dell'intero meccanismo laringeo, non auspicabile laddove - tramite un meccanismo geneticamente radicato e di retroazione muscolare - provocasse uno strozzamento glottico. L'eccessiva apertura, anche se non certo dannosa, impedirebbe però il formarsi di quel velocizzatore aereo sovraglottico nonché "potenziatore energetico" così efficace per il formarsi di un suono potente con ridotto impegno muscolare.


La catena di costrittori faringei, in unione al muscolo cricotiroideo, rappresentano un ulteriore livello di apertura/chiusura. Il concetto corrente di "gola aperta" potrebbe suggerire la necessità di mantenere lo spazio ipofaringeo e laringeo ben largo. Questa è senz'altro un'indicazione in parte vera, ma è anche vero che - all'avvicinarsi al registro acuto - il mantenimento di una condizione "rilassata" di tale muscolatura, la quale garantirebbe una costante "apertura" di questa "porta", sarebbe controproducente. 
Le frequenze acute hanno infatti bisogno dell'instaurarsi di un rapporto non lineare tra sorgente del suono e filtro al fine di poter risuonare correttamente e senza "fatica". Un piccolo eccesso in un senso (chiusura) o nell'altro (apertura)  è spesso sufficiente per nuocere al delicato meccanismo fonatorio.


Le cartilagini tiroide (anche a livello linguistico abbiamo qui un richiamo al concetto di "porta" se pensiamo al greco "Thyras", termine usato ad esempio nei vangeli per indicare la porta in tutti i suoi sensi e connotazioni), cricoide ed aritenoidi sono tutte paragonabili a porte che vengono ruotate attorno ad un perno(in che direzione? In apertura o in chiusura?) e lasciano passare oppure impediscono al suono di entrare/uscire. 
La dicotomia ingresso/uscita è anch'essa di grande utilità nella pedagogia vocale: il cantante percepisce il suono come qualcosa che esce dal corpo attraverso le varie porte oppure vi entra? Ricordiamo che la vera propriocezione si sviluppa quando si riesce a prescindere da preconcetti anatomo-fisiologici (spesso errati) che condizionano l'esplorazione di sé. Ribadisco "spesso errati" in quanto sappiamo - per citare solo uno di numerosi esempi - che il suono prodotto a livello glottico viaggia in tutte le direzioni, anche al di sotto delle pliche vocali (per cui la fisica conferma che il suono "entra" nel corpo, oltre ad uscirne).

La lingua e il velo palatino collegano (o separano) rispettivamente la cavità orale anteriore con/da quella posteriore (faringea) e l'orofaringe con/dalla rinofaringe. Sono organi che bloccano le onde sonore o le lasciano fluire verso altri spazi? In termini prettamente acustici, tali strutture anatomiche riflettono il suono, lo assorbono attutendone le componenti frequenziali oppure entrano in vibrazione/risonanza con esso? Il velo palatino ed il "portale velofaringeo" sono dinamici e reagiscono efficientemente all'articolazione dei vari fonemi o imprigionano i vari foni in schemi motori fissi poco funzionali alla dinamicità del parlato e del cantato?


Salendo ancora nella rinofaringe troviamo l'ingresso delle tube di Eustachio: è possibile che il suono vi acceda? E ancora, da lì il suono può arrivare fino all'orecchio medio?

Il corpo umano è pieno di innumerevoli altre "porte", di valvole, di passaggi larghi e stretti, di sfinteri e anelli muscolari o ossei o cartilaginei. Le aperture/chiusure di questi condizionano il suono, così come il materiale di cui sono fatti può reagire alle frequenze sonore con cui entra in contatto. La vibrazione è la "lanterna" che fa luce sui singoli fenomeni e ci permette di esplorare quell'ambiente "buio" e invisibile del corpo interno, ma accessibile a patto che si voglia affinare la capacità di propriocezione, porta d'accesso ad un labirinto pieno di passaggi in grado di cambiare forma e direzione in ogni istante. E' così che la propriocezione (tattile, uditiva e persino visiva-immaginativa), lungi dall'essere un semplice feedback accessorio, diventa creatore sonoro. Buona esplorazione!



sabato 21 novembre 2015

Come monitorare quotidianamente la propria salute vocale

 Chi si rivolge ad un consulente vocale richiede - nel 90% dei casi - un aumento di prestazione del proprio strumento. I cantanti vogliono raggiungere note più acute, acquisire un volume maggiore, più agilità, durata e resistenza. Gli speaker, i presentatori, rappresentanti aziendali, insegnanti e attori vogliono rendere la vocalità più profonda, convincente, potente, proiettata (...).  Si tratta quindi di richieste che puntano ad un "di più". Il concetto di "performance", tuttavia, ha delle leggi - stabilite dal business, dall'estetica socio-temporalmente condizionata, dalla concorrenza, dalla cultura, dall'acustica ambientale.. - che spesso collimano con le norme "intrinseche" ed "interne" della biologia e della fisiologia. Già sappiamo come la fonazione sia un'acquisizione tardiva della specie umana in via di sviluppo, e come tale essa è classificabile come funzione "non ottimizzata" per la nostra specie. Ciò significa che le sue capacità performative non sono illimitate, bensì facilmente compromettibili, e la sua funzionalità è alquanto fragile.




Il termine "fonotrauma" si riferisce ad un comportamento vocale inappropriato il quale produce cambiamenti istologici nelle pliche vocali che, a loro volta, possono portare a cambiamenti nel timbro e nella funzionalità fonatoria, sia a breve che a lungo termine. Il danno può essere causato da un singolo evento traumatico a durata limitata (un forte urlo, un forte colpo di tosse..), da un uso eccessivamente prolungato della voce, da abitudini e stili di vita scorretti (fumo, scarsa idratazione, alimentazione scorretta) o altri fattori psicologici o anatomopatologici.  

La parte della laringe più suscettibile di essere sottoposta a fonotraumi è la mucosa di rivestimento. Essa, infatti, proprio come la "pelle" che riveste e protegge il corpo all'esterno, è deputata alla protezione e al rivestimento degli organi interni (tratto vocale, laringe, trachea,...), nonché alla difesa da agenti patogeni e stress meccanici, ai quali risponde talora con processi infiammatori che implicano la comparsa di edema, arrossamenti, microlesioni vascolari, esiti cicatriziali. Secondo gli studi di Rousseau (Rousseau, B. et al., Raised Intensity phonation compromises vocal fold epithelial barrier integrity. Laryngoscope. 2001, 121 (2): p. 346-351) il fonotrauma conduce inesorabilmente ad un indebolimento della barriera epiteliale delle pliche vocali, il quale a sua volta predispone a patologie organiche dovute a stress ambientali e sistemici passivi (batteri, polveri irritanti, perfrigerazioni).


Una telefonata più lunga del solito, una chiacchierata al disco-bar con  gli amici, una prova con la band con cattivo ritorno audio, una giornata di insegnamento particolarmente impegnativa, una settimana con più concerti live della media, una lite con il partner... Tutti questi sono contesti ad alto rischio di fonotrauma. Alcune laringi sono più robuste e resistenti di altre: per alcuni soggetti, basta veramente poco per lesionare - seppur minimamente - la superficie cordale. Esiste una categoria di persone che in ambito anglosassone vengono definite "vocal overdoers" le quali, a causa anche di una personalità molto estroversa, tendono a fare un uso eccessivo della propria voce e vanno quindi incontro, più di altri, a disordini vocali.

Veniamo ora al concetto chiave: la maggior parte dei disordini vocali non ha un esordio acuto. Mi spiego meglio: può darsi che la percezione dei sintomi a livello macroscopico sia "improvvisa" (un docente potrebbe ad esempio lamentare afonia dicendo: "Mi sono accorto la settimana scorsa mentre stavo insegnando che non riesco a emettere un suono pulito"), ma spesso lo sviluppo di un danno è progressivo. Ci sono eccezioni, ovviamente, ma quando la lesione scaturisce da malmenage o surmenage, si tratta di un insorgere graduale a livello prettamente istologico. Questa è una buona notizia, in quanto rende possibile la diagnosi dell'inizio dell'alterazione in tempi utili, la quale può impedire il degenerare della lesione transitoria in qualcosa di più serio.

Se vengono identificati presto, gli effetti del fonotrauma sono facilmente e rapidamente risolvibili. In caso contrario, essi possono degenerare e trasformarsi in polipi, noduli e altre neoformazioni di più difficile risoluzione.

Ecco però che si presenta un problema per il consulente vocale: il cliente (cantante o speaker) vuole ottenere "di più", quindi tende ad attuare delle strategie di compensazione che - in presenza di un'alterazione cordale - tendono a mascherarla. Aumentare il "volume", cambiare la "tonalità" della propria voce, tecniche di "focus" (tutte finalizzate ad una gestione particolare del tratto vocale e a conseguenti variazioni nel filtraggio armonico e formantico), nonché variazioni nell'articolazione fonematica (di vocali e consonanti) sono stratagemmi - consci od inconsci - che mascherano il problema. Il primo compito del vocal coach è, al contrario, quello di richiedere qualcosa "in meno", in modo da "togliere le maschere" e osservare nel modo più chiaro possibile la qualità della vibrazione cordale, in modo particolare dello strato di copertura delle pliche. 

Molto spesso il cliente/allievo "storce il naso" di fronte a tali attività diagnostiche, essendo impaziente di trovare un "quick fix" per ottenere un determinato "enhancement" (uso appositamente una terminologia di matrice tecnologica in contrasto con il lessico e le richieste proprie invece della fisiologia).


Ai fini diagnostici è dunque vantaggioso richiedere all'allievo/cliente di vocalizzare con le seguenti condizioni:

-Volume basso (possibilmente non arioso): un volume alto tende a mascherare il problema, in quanto porta le pliche vocali a vibrare in un modo che non "isola" la componente di copertura. La presenza di aria udibile è già di per sé un campanello d'allarme.

-Frequenza elevata: la vocalizzazione a frequenza basse, proprio per la maggiore attivazione del corpo cordale, rende la diagnosi più difficile. In acuto, al contrario, il suono viene prodotto con una "meccanica" che rende più chiaro lo stato della mucosa.

-Staccato: esso prevede una serie di suoni con inizi separati; è proprio l'inizio della fonazione il momento del ciclo vibratorio che dà informazioni più dettagliate sullo stato della mucosa di rivestimento.

Se il compito richiesto risulta e "suona" di facile esecuzione, se l'allievo produce suoni "puliti", non ariosi, periodici, senza componenti di rumore e/o alterazioni, e se gli attacchi risultano facili e non si registrano brevi "interruzioni" della voce (come se stentasse a "partire"), allora la mucosa è con tutta probabilità in buono stato. Se si verifica il caso opposto, è necessario farsi qualche domanda:

-Si sono adottati comportamenti vocali abusivi negli ultimi giorni?

- Ci si è inseriti o ritrovati in contesti in cui il fonotrauma è un rischio (cfr quanto descritto sopra)?

-E' in corso o in procinto una flogosi (patologia infiammatoria) dovuta a virus o batteri, magari di natura stagionale (raffreddore, influenza, laringo-faringite ecc.)?

-E' in corso un'alterazione ormonale che potrebbe avere effetti sull'istologia cordale (periodo pre-mestruale, menopausa, assunzione di determinati medicinali...)?

-Si soffre di patologie legate all'apparato digerente (quali la MRGE) o di allergie respiratorie e/o alimentari?

Il questionario sopra riportato dovrebbe fare più chiarezza sulle cause di un eventuale problema diagnosticato dal "test" riportato. Un'alterazione nella produzione vocale che duri qualche giorno o - nel caso di laringiti o altre patologie - qualche settimana, non è da sottovalutare, ma non deve nemmeno allarmare. Un po' di riposo vocale, associato ad esercizi "riabilitativi" adeguati (che saranno eventualmente argomento di successivi post) nonché ad una prioritarizzazione delle attività giornaliere finalizzata al risparmio vocale dovrebbero risolvere il problema nel giro di poco tempo. Se la condizione alterata perdura per più di tre/quattro settimane, tuttavia, e non c'è una causa ben identificabile, sarebbe consigliabile un controllo medico.


Come ben sappiamo, prevenire è meglio che curare. La raccomandazione è perciò di eseguire in tutta autonomia degli autocontrolli quotidiani per monitorare lo stato della propria mucosa cordale e segnare eventuali alterazioni. Ecco un suggerimento su come programmare i "controlli":

-Due volte al giorno (mattino e sera e, se si è cantanti, anche prima del riscaldamento) eseguire delle note in staccato su frequenze medio-acute, in pianissimo e con un suono pulito. Procedere salendo di semitono in semitono, senza comunque esagerare in altezza. Osservare la qualità dell'attacco: è "liscio"? La voce "parte" senza problemi o si interrompe per un attimo, come se ci fosse un impedimento fisico alla vibrazione? Mantenete il volume basso! (Un aumento dell'intensità maschererebbe il problema, anche se vi permetterebbe di produrre un suono migliore). Se ad una certa frequenza notate difficoltà di produzione (la voce non esce, l'attacco non è "pulito"), segnate quella nota su un foglio. Nei giorni successivi osservate se il punto in cui la voce si "blocca" è sempre a quella specifica frequenza o si sposta. Se notate che questo "tetto" si abbassa, o comunque non riuscite mai ad ottenere suoni a basso volume "puliti" a quelle frequenze, fatevi le domande sopra indicate, attendete qualche giorno (facendo attenzione a concedervi del riposo vocale e a non abusare del vostro strumento) e vedete se la situazione si ristabilizza. Ancora una volta, se non riuscite ad identificare la causa del "problema" e la voce non torna ai livelli normali nel giro di tre/quattro settimane, è consigliata una visita foniatrica o ORL.


E' imperativo che tutti gli utenti della voce monitorino costantemente lo stato del loro strumento di lavoro che è, ahimé, unico ed insostituibile; una volta "rotto", è molto più difficile da aggiustare. 
Per ulteriori info e quesiti.

martedì 29 settembre 2015

Steroidi per cantanti: il "doping della voce"




Quando sentiamo parlare di "steroidi", la mente corre subito alle immagini dei contest per bodybuilder quali Mister Olympia o l'Arnold Classic, oppure ai modelli (e modelle) dai fisici scolpiti propinati da riviste quali Men's Health o anche dalla stampa che si occupa di gossip e lifestyle. Il "doping" è un argomento sul quale c'è molta disinformazione, con opinioni che vanno dal miraggio della "pillola magica" al terrore dei terribili "sides" (effetti collaterali) che possono portare persino alla morte. Nell'ambiente sportivo si tratta dei cosiddetti "steroidi anabolizzanti", i quali sono spesso assunti illegalmente per via orale o parenterale al fine di aumentare la massa muscolare o la performance sportiva. Non tutti sanno, tuttavia, che anche nel mondo del canto molti fanno uso di steroidi; in questo caso, si tratta dei corticosteroidi, che sono ormoni derivabili da successive degradazioni della catena laterale del colesterolo.

Nel 2007 fece molto scalpore un articolo apparso sulla rivista tedesca Frankfurter Allgemeine Zeitung, il quale riportava testualmente una dichiarazione a riguardo del tenore wagneriano Endrik Wottrich:

<<Darüber redet ja keiner. Dabei ist das Doping in der Musik längst Alltag. Solisten nehmen Betablocker, um ihre Angst in den Griff zu bekommen, einige Tenöre nehmen Cortison, um die Stimme in die Höhe zu schrauben, und Alkohol ist gang und gäbe. Die Angst ist zu einem großen Faktor geworden, so dass fast jedes Mittel recht scheint, um den Erwartungen gerecht zu werden. Das ist für die meisten Sänger der Anfang vom Ende>>. 

Parafrasando: <<Non ne parla nessuno. Tuttavia il doping è diventato la norma ormai da tempo nella musica. I solisti assumono betabloccanti per controllare l'ansia, alcuni tenori prendono cortisonici per migliorare le prestazioni, e l'alcol è all'ordine del giorno. La pressione è così elevata che praticamente ogni mezzo è lecito per risultare all'altezza delle aspettative. Tutto ciò rappresenta, per la maggior parte dei cantanti, l'inizio della fine>>.  





Il Corriere della sera, poco dopo, fece eco all'articolo apparso sulla Frankfurter Allgemeine paragondando il doping nell'opera agli scandali legati all'uso di sostanze proibite nel ciclismo, affermando che "sui palchi della grande lirica ci si droga come sui tornanti dei Tour de France": 

Per cominciare a fare chiarezza, cerchiamo di capire meglio la funzione medica dei corticosteroidi. Essi sono medicinali antinfiammatori molto efficaci se usati nel giusto contesto. Sono in grado di contrastare i cambiamenti timbrici dovuti a edema (o gonfiore) della superficie o del corpo delle pliche vocali, causato da surmenage o malmenage, da alterazioni istologiche quali noduli e polipi, o da comuni infezioni respiratorie con concomitante laringite. Gli effetti dell'assunzione dei corticosteroidi sono generalmente notevoli, il che significa che possono effettivamente "salvare" una performance vocale che non si può in alcun modo rimandare o cancellare  e che - senza l'ausilio chimico - si rivelerebbe certamente un disastro, visto lo stato patologico dello strumento vocale (e ciò rappresenta un rischio che una major discografica non può permettersi...). Corticosteroidi e immunosoppressori quali il prednisone hanno una lunga tradizione d'uso, anche nel trattamento rapido di reazioni allergiche nonché come cura per i pazienti affetti da gravi forme d'asma. Per trattare il gonfiore delle corde vocali possono essere somministrati per os (in pillole) o attraverso un'iniezione intramuscolare. La modalità di somministrazione dipende da quanto tempo si ha a disposizione prima della performance: se questa è prevista dopo almeno sei ore dall'assunzione del farmaco, la modalità preferita è quella per bocca, altrimenti si opta per l'intramuscolare. In rari casi, quando si ha a disposizione meno di un'ora prima della performance professionale, si sceglie persino la somministrazione endovenosa.



Non tutti i corticosteroidi sono uguali: le
proprietà antinfiammatorie di ciascun farmaco sono diverse, come diversa è la risposta dei pazienti ai vari preparati chimici, essendo diversa la farmacodinamica dei vari composti di sintesi. Il desametasone, ad esempio, ha proprietà antinfiammatorie superiori a quelle del prednisone, mentre ha un' azione mineralcorticoide (con ritenzione del sodio e perdita di potassio che può causare ritenzione idrica e ipertensione) inferiore.




Veniamo ora più in dettaglio agli effetti collaterali. Quelli a breve termine comprendono irritabilità, agitazione, disforia, insonnia, aumento dell'appetito, innalzamento della glicemia (molto rischioso per i pazienti diabetici!). Fra quelli a lungo termine si riscontra una distribuzione adiposa anomala (che implica, fra l'altro, un rigonfiamento a livello del viso), perdita di densità ossea (osteoporosi), acne, assottigliamento dello spessore cutaneo con conseguenti smagliature, fino allo sviluppo di una vera e propria Sindrome di Cushing iatrogena. Come già descritto, vi sono rischi cardiovascolari legati ad un aumento della pressione arteriosa, come una maggiore predisposizione ad infezioni anche da patogeni comunemente presenti in ambiente per una riduzione delle difese immunitarie. Di solito tali effetti collaterali si presentano conseguentemente ad un uso continuo prolungato (per mesi) del farmaco a dosaggi medio-alti. Un ulteriore rischio è la necrosi avascolare della testa del femore (in parole povere la perdita di una porzione del bacino), la quale può verificarsi anche in seguito ad un breve periodo di utilizzo.

La maggior parte dei cantanti riferisce una sensazione di pesantezza delle corde vocali dopo aver assunto tali farmaci. Sta di fatto che essi possono essere presi in maniera sicura  quando vengono somministrati per le giuste ragioni e con le dovute condizioni. Possono rendere un cantante in grado di portare a termine una performance che non sarebbe stato possibile concludere senza l'ausilio chimico. L'artista vocale deve però imparare a farne un uso prudente e a minimizzare la durata dell'assunzione, limitandola a una settimana o meno, se possibile. Gli steroidi non rendono la voce invincibile, né eliminano la necessità del riposo vocale. Non fanno altro che permettere al performer di rimandare (di poco!) il riposo di cui avrebbe bisogno, al fine di portare a termine una performance che non può cancellare. Dopo questa, tuttavia, il rest vocale - in alcuni casi seguito anche da terapia logopedica - è un must. E' altresì fondamentale che i cantanti che hanno assunto corticosteroidi seguano alla lettera le indicazioni mediche date loro al fine di evitare i nefasti effetti rebound che rappresentano un rischio a fine trattamento.

Se vengono usati più di una volta all'anno, il rischio di effetti collaterali si innalza drasticamente. A quel punto è imperativo rivolgersi al proprio medico foniatra per identificare con chiarezza il problema soggiacente. I cantanti che presentano patologie vocali (polipi, noduli..) possono sviluppare dipendenza da steroidi, assumendoli regolarmente al fine di diminuire l'edema causato dalla patologia organica stessa nonché dal fatto di cantare con una condizione istologica cordale non sana. Tali individui devono risolvere (forse chirurgicamente) il disordine vocale, invece di "mascherare" il problema con farmaci che si possono rivelare molto dannosi. I performer in tournée tendono anch'essi ad abusare dei corticosteroidi, ottenendone la prescrizione da diversi medici o addirittura procurandoseli in maniera illecita.



Ciò che più mi preme sottolineare, tuttavia, è che l'utilizzo di steroidi non  può e non deve essere un surrogato di un'ottima tecnica vocale. Tecnica significa anche allenamento alla resistenza, ovvero condizionamento muscolare che permetta al vocalist di reggere il "peso" di una tournée, di date a ritmo serrato, magari con un repertorio impegnativo. Una solida base tecnica è imprescindibile per chi fa questo delicato lavoro. Poi, se sopraggiunge una malattia a ridosso di un'esibizione importante, se necessario il medico potrà optare per la somministrazione di farmaci - e ciò non deve far gridare allo scandalo (siamo strumenti umani che si ammalano e non sono sempre al top). Ma la dipendenza e l'abuso farmacologico, nel canto come in ogni altra attività atletica o sportiva, è una triste piaga... ahimé in via di espansione. Concludiamo con una citazione di Enrico Stinchelli, regista d'opera e conduttore radiofonico, tratta dal suo blog dedicato alla musica lirica:

<< Il cortisone viene automaticamente a sopperire le tecniche deficitarie, una sorta di stampella momentanea per sopportare lo stress di una recita importante o di un impegno irrinunciabile. Il cantante finisce per attribuire al cortisone ogni virtù e la sua stessa sopravvivenza artistica: Bentelan, Deflan e altre “meraviglie” del genere , finiscono per diventare come delle caramelline per la gola, un vademecum fisso, recita dopo recita, impegno dopo impegno. E’ un vero suicidio, non solo fisico (danni enormi ai reni, alla circolazione, al cuore…) ma anche vocale, poiché una volta svaniti gli effetti del farmaco incantato sopraggiunge un immediato ipotono cordale, e cantando sull’ipotono si arriva agli edemi, ai noduli, ai polipi>>

domenica 20 settembre 2015

Voce commerciale e musica pop: un percorso un po' diverso



L'efficacia di un programma di formazione vocale e musicale presuppone l'identificazione di una serie di obiettivi, eventualmente sottodivisi in micro-obiettivi, che didatta e studente devono concordare sin dal primo incontro. Bisogna quindi chiarire quali sono le reali aspirazioni dell'allievo, quali  i modelli di riferimento (se presenti), quale stile vuole approfondire. Per quanto riguarda l'acquisizione della tecnica e lo studio del canto pop, è fondamentale che si delineino dei programmi specifici e che non si cada nel tranello di proporre lo stesso progetto formativo applicato agli aspiranti cantanti d'opera o di Musical Theater. Infatti, alcuni degli obiettivi tecnici che si pone lo studente di canto classico o di Musical - abilità spesso associate al "Bel canto" (nell'accezione comune del termine, non tanto in riferimento al periodo belcantistico) - sono deprecate all'interno dell'ambito pop. In modo particolare le seguenti destrezze tecniche sono osannate nel canto lirico e Musical Theater ma guardate con molto sospetto se non addirittura considerate tabù (in quanto sintomo di voce "troppo impostata") nel pop:

- Omogeneità timbrica in tutta l'estensione

-Vibrato naturale e regolare

- Dizione particolare (estremamente chiara e stentorea nel Musical Theater, non certo colloquiale nell'opera)

- Recitazione ed interpretazione di tipo teatrale

- Gestualità scenica

- Energia spettrale in zona acuta



Prima di proseguire nella nostra analisi, vale la pena ricordare che la parola "pop" indica, originariamente, tutto ciò che è popolare. 
Vi sono cantanti, anche in Italia, che si definiscono "pop" anche se utilizzano un'impostazione di tipo più classico (anche se non operistico). In questo post utilizziamo il termine "pop" per riferirci ad una vocalità e una musica più "commerciale", quella che negli Stati Uniti si inquadra come "Top 40", tralasciando tutti gli esperimenti di contaminazione "legit"/"operetta" o pseudo tali, che pur hanno il loro posto nel panorama musicale contemporaneo.

Vediamo ora uno ad uno gli elementi sopra elencati e analizziamone la percezione in ambito pop.


- Omogeneità timbrica in tutta l'estensione: non rilevante. Specialmente negli ultimi anni, la capacità di cambiare spesso e repentinamente qualità vocale è diventata una delle caratteristiche distintive del genere, e anche gli artisti italiani se ne sono accorti e hanno fatto loro questo modo di esprimersi.



-Vibrato naturale e regolare: nell'opera è una costante, ogni nota è vibrata e l'assenza di vibrato è sinonimo di una voce non formata. Nel Musical Theater il teatro ha un uso più limitato rispetto alla lirica, ma è comunque fondamentale. Anche alcuni artisti pop usano il vibrato (ed è mia ferma opinione che bisogna possederlo), ma si tratta di un vibrato di tipo diverso rispetto a quello usato negli altri generi. Non è infatti sempre un vibrato "naturale", bensì costruito (attraverso varie modalità diverse). Esso, soprattutto, deve essere controllabile: bisogna essere in grado di inserirlo o rimuoverlo a piacere, e sapere dove e quando utilizzarlo.

-Dizione particolare: il pop mira a riprodurre la quotidianità del parlato, ogni eccesso articolatorio appare forzato. La pronuncia nel pop tende ad essere più "casual" (che non significa ipoarticolare) e, soprattutto, più individualistica. Nei brani anglosassoni uno degli elementi fondamentali che rendono lo stile vocale personale è l'accento del cantante. Anche in Italia alcuni artisti hanno costruito il loro stile vocale attraverso - tra l'altro- una pronuncia particolare, molto individuale, e un accento non certo "standard".





-Recitazione ed interpretazione di tipo teatrale: nel pop certamente bisogna interpretare correttamente ciò che si canta, ma non come si farebbe sul palcoscenico di un teatro. La distinzione tra interpretazione pop e interpretazione classica/Musical Theater corrisponde alla diversa modalità di recitazione in teatro e nel cinema: tutto si riduce quando si è nell'obiettivo della videocamera, non nel senso che "non si fa più niente", ma ci si affida a elementi più piccoli (quali ad esempio gli occhi e lo sguardo) per comunicare sensazioni che in teatro dovrebbero venire espresse - per ovvie ragioni di visibilità - in ben altri modi. La presenza del microfono, nel canto pop, rende spesso obsoleto un volume vocale imponente: spesso, anzi, risulta più gradevole e "stilisticamente appropriata" una vocalità dall'intensità minore, all'interno della quale il diaframma del microfono possa cogliere delle piccole sbavature o cambi di colore che vengono molte volte interpretati come coinvolgimento emotivo o timbro originale.

-Gestualità scenica: anche qui si tratta di andare verso il contenimento. Uno degli obiettivi del cantante pop è quello di riuscire a mostrare in pubblico qualcosa di intimo (sensazioni, esperienze, storie, emozioni..). L'intimità è spesso incompatibile con una gestualità di tipo teatrale (salvo, ovviamente, alcuni casi di elevato impatto drammatico).

-Energia spettrale in zona acuta: un eccesso di brillantezza viene spesso percepito come una voce troppo impostata e un po' "falsa". Vale la pena ricordare, inoltre, che si ricorre comunque sempre più spesso alla compressione e all'equalizzazione in studio di registrazione (anche per rendere il suono più radiofonico). Il suono commerciale contemporaneo (in passato i canoni stilistici erano diversi!) dev'essere il più simile possibile all'eloquio spontaneo; ogni eccesso in direzioni che si allontanino da questo "standard" può essere artisticamente gradevole e certamente valido, ma si situa al di fuori della "commercial music".

Ci sono delle abilità tipiche del pop che l'aspirante cantante deve studiare, allenare e perfezionare:

-Melismi (altrimenti detti: licks, trills, coloratura pop): si tratta di variazioni (spesso molto veloci) della melodia a scopo di abbellimento. Alcuni cantanti pop usano un abbellimento in ogni frase, con risultati a volte gradevoli e a volte eccessivi. L'aspirante cantante pop deve studiare ogni abbellimento al rallentatore, nota per nota, e progressivamente aumentarne la velocità senza perdere la precisione.


-Variazioni ritmiche, frequenziali, intonative: il modo di stare sul ritmo nel pop (il quale comprende a volte anche una particolare percussività delle consonanti) è diverso rispetto alla musica classica. Il concetto di "legato" è mal visto all'esterno dei generi più classici (ivi compresi alcuni repertori Musical) e una nota presa "da sotto" (effetto spesso chiamato "note scoop", in riferimento ad un simile effetto chitarristico) potrebbe essere molto apprezzata in ambito più moderno (in quanto eredità del blues). L'interruzione della precisione intonativa, ad esempio alla fine di una nota un po' più lunga, con breve "discesa frequenziale" (senza esagerare), è molto spesso una caratteristica presente in moltissimi brani pop, e non è percepita come nota calante.


Coloro che intendano provare a "sfondare" in ambito pop, devono avere anche ottime capacità compositive, di arrangiamento e improvvisazione. Chi intenda registrare anche solo delle cover, infatti, farà bene a puntare alla personalizzazione (musicale, vocale, caratteriale..) al fine di poter emergere per quel quid di diverso che potrebbe far scattare la "scintilla" (un provino con una label, in un talent show, un incontro con un produttore o, semplicemente, la costruzione di una fan base solida). 
Analogamente, l'aspirante "pop star" dovrà porsi i seguenti quesiti:

-Qual è lo stile che si intende proporre  e a quale fascia di mercato si intende puntare?

-Qual è il proprio sound? L'idea che si ha delle proprie capacità e sonorità è realistica?

-Qual è il proprio look?

-Qual è la propria età (il vincitore nel pop è - volenti o nolenti - quasi sempre un artista molto giovane).

Gli allievi che cantano pop hanno quasi sempre degli artisti di riferimento. Non c'è niente di male se riproducono esattamente ciò che fanno questi ultimi, in quanto impariamo principalmente per imitazione. L'importante è che tale emulazione, però, non sia il fine ma casomai il punto di partenza per poi trovare una via interpretativa e vocale del tutto personale. Nessuno, infatti, vuole ascoltare un cantante che sia uguale ad un altro già presente sul mercato. Attenzione pure a ciò che gli allievi tentano di riprodurre: non è assolutamente detto che il cantante di riferimento sia in grado di realizzare live le stesse prodezze che si sentono quando si ascoltano le registrazioni. E' sempre una buona idea cercare versioni live dei brani che si vogliono cantare, anche se l'ambito live non è effettivamente esente dall'ausilio di alcuni "trucchetti" (simili alle "click tracks" del Musical Theater) per cui a volte è veramente difficile stabilire cosa è live e cosa non lo è...

Un ultimo spunto di riflessione. Molti artisti contemporanei hanno recuperato delle sonorità retrò, con entusiasmanti risultati. E' fondamentale distinguere "retrò" da "fuori moda": tutti questi artisti hanno aggiunto un tocco diverso e personale allo stile ripreso, non hanno semplicemente riproposto qualcosa di démodé. Altrettanta attenzione dovrebbero fare gli aspiranti cantanti pop che studiano per diventare tali.



Per concludere, dunque, credo sia fondamentale ricordare - una volta di più - che gli stili vocali sono molti e diversi e - nonostante i gusti personali, compresi quelli di chi scrive - il "Bel canto" e il "Buon canto" non sono gli unici modi sani di usare la voce.