Porte che si aprono e
porte che si chiudono; frontiere che accolgono e frontiere che sbarrano
l'accesso; pareti che dividono, tetti che limitano e ponti che uniscono.
Nel
clima sociopolitico di queste settimane il topos della "porta" si è
fatto presente a vari livelli e con tutte le sue connotazioni: nell'emergenza
immigrazione (con chi "spalancherebbe" le porte d'accesso e chi le
sigillerebbe), nell'opportunità/dramma dell'emigrazione, nell'apertura della
Porta Santa all'interno del mondo cattolico, percorso da decenni anche da
un'ondata di opinioni relativa all'apertura/chiusura nei confronti di vari temi
di carattere sociale o bioetico. Si tratta essenzialmente di porte - reali o
metaforiche - che agiscono a livello comunitario o anche individuale, le quali
possono essere sia la causa che la conseguenza di uno stato d'animo e di un
orientamento alla chiusura o, viceversa, all'apertura verso elementi che
vengono percepiti (a volte erroneamente) come diversi o lontani da sé.
L'analogia
potrà sembrare un po' forzata ai non addetti ai lavori, ma chi si occupa di
vocalità sa bene come l'apparato cosiddetto vocale sia un insieme di porte.
La funzione più arcaica e
basilare della laringe è quella di separare (o collegare?) la trachea e le vie
aeree inferiori dal/col tratto vocale, sede e "incrocio" di apparato
respiratorio e digerente.
Essa permette, aprendosi, la respirazione, mentre
impedisce, chiudendosi, l'entrata di particelle estranee nelle vie aeree
inferiori - cosa che porterebbe alla morte.
La laringe altresì può chiudersi
serratamente e - tramite un incremento pressorio intra-alveolare- procedere
all'espulsione di materiale presente in trachea o nei dintorni di essa.
La vocalizzazione -
funzione acquisita soltanto "recentemente" nel percorso evolutivo e
non ancora ottimata per la nostra specie - è possibile grazie ad un delicato
equilibrio di apertura e chiusura delle pliche vocali, corrispondente alla
creazione di cicli di compressione e rarefazione delle molecole aeree (ovvero
alla creazione di "suono", se l'oscillazione è captabile dal nostro
orecchio).
La domanda che l'aspirante cantante dovrebbe porsi sin dall'inizio del
suo percorso di ricerca é: nella mia personale modalità vibratoria cordale
prevale l'orientamento all'apertura o alla chiusura?
A prescindere dalla realtà
anatomofisiologica, la percezione che guida i nostri modelli interni è basata
su un'immagine delle pliche vocali come ostacolo al flusso aereo oppure come
strettoia o cunicolo? La "porta" è chiusa, aperta o socchiusa? E se è
socchiusa - richiamando il dilemma dell'ottimista e del pessimista - è mezza
aperta o mezza chiusa?
Non si tratta qui di giocare con la fantasia, ma di
affinare la propriocezione motosensoriale, cercando di ampliare la propria
conoscenza del corpo e dei processi interni che lo guidano a prescindere da
nozioni teoriche acquisite in precedenza che possono - in alcuni casi - falsare
la percezione di sé.
Al di sopra delle pliche
vocali vere altre due "ante", le pliche ventricolari, rappresentano
un'ulteriore porta. La mentalità di tipo aut/aut (o in bianco e nero), tipica
di alcuni esseri umani seppur adulti, tenderebbe a suggerire che in questo caso
sia nettamente auspicabile lo "spalancare" l'accesso. Tale manovra
potrebbe certamente risultare utile per alcuni cantanti, ma l'effetto flow-on
di un'eccessiva "retrazione" potrebbe compromettere, in alcuni
contesti, la funzionalità adduttoria delle corde vocali sottostanti, andando a
creare una catena di "spifferi" poco promettente per una fonazione
ergonomica.
L'epiglottide, un po' più
in alto, pone la stessa problematica. L'eccesso di chiusura dell'anello
sfinterico che essa concorre a formare causerebbe un restringimento dell'intero
meccanismo laringeo, non auspicabile laddove - tramite un meccanismo geneticamente
radicato e di retroazione muscolare - provocasse uno strozzamento glottico.
L'eccessiva apertura, anche se non certo dannosa, impedirebbe però il formarsi
di quel velocizzatore aereo sovraglottico nonché "potenziatore
energetico" così efficace per il formarsi di un suono potente con ridotto
impegno muscolare.
La catena di costrittori
faringei, in unione al muscolo cricotiroideo, rappresentano un ulteriore
livello di apertura/chiusura. Il concetto corrente di "gola aperta"
potrebbe suggerire la necessità di mantenere lo spazio ipofaringeo e laringeo
ben largo. Questa è senz'altro un'indicazione in parte vera, ma è anche vero
che - all'avvicinarsi al registro acuto - il mantenimento di una condizione
"rilassata" di tale muscolatura, la quale garantirebbe una costante
"apertura" di questa "porta", sarebbe controproducente.
Le
frequenze acute hanno infatti bisogno dell'instaurarsi di un rapporto non
lineare tra sorgente del suono e filtro al fine di poter risuonare
correttamente e senza "fatica". Un piccolo eccesso in un senso
(chiusura) o nell'altro (apertura) è
spesso sufficiente per nuocere al delicato meccanismo fonatorio.
Le cartilagini tiroide
(anche a livello linguistico abbiamo qui un richiamo al concetto di
"porta" se pensiamo al greco "Thyras", termine usato ad
esempio nei vangeli per indicare la porta in tutti i suoi sensi e
connotazioni), cricoide ed aritenoidi sono tutte paragonabili a porte che
vengono ruotate attorno ad un perno(in che direzione? In apertura o in
chiusura?) e lasciano passare oppure impediscono al suono di entrare/uscire.
La
dicotomia ingresso/uscita è anch'essa di grande utilità nella pedagogia vocale:
il cantante percepisce il suono come qualcosa che esce dal corpo attraverso le
varie porte oppure vi entra? Ricordiamo che la vera propriocezione si sviluppa
quando si riesce a prescindere da preconcetti anatomo-fisiologici (spesso
errati) che condizionano l'esplorazione di sé. Ribadisco "spesso
errati" in quanto sappiamo - per citare solo uno di numerosi esempi - che
il suono prodotto a livello glottico viaggia in tutte le direzioni, anche al di
sotto delle pliche vocali (per cui la fisica conferma che il suono
"entra" nel corpo, oltre ad uscirne).
La lingua e il velo
palatino collegano (o separano) rispettivamente la cavità orale anteriore
con/da quella posteriore (faringea) e l'orofaringe con/dalla rinofaringe. Sono
organi che bloccano le onde sonore o le lasciano fluire verso altri spazi? In
termini prettamente acustici, tali strutture anatomiche riflettono il suono, lo
assorbono attutendone le componenti frequenziali oppure entrano in
vibrazione/risonanza con esso? Il velo palatino ed il "portale
velofaringeo" sono dinamici e reagiscono efficientemente all'articolazione
dei vari fonemi o imprigionano i vari foni in schemi motori fissi poco
funzionali alla dinamicità del parlato e del cantato?
Salendo ancora nella
rinofaringe troviamo l'ingresso delle tube di Eustachio: è possibile che il
suono vi acceda? E ancora, da lì il suono può arrivare fino all'orecchio medio?
Il corpo umano è pieno di
innumerevoli altre "porte", di valvole, di passaggi larghi e stretti,
di sfinteri e anelli muscolari o ossei o cartilaginei. Le aperture/chiusure di
questi condizionano il suono, così come il materiale di cui sono fatti può
reagire alle frequenze sonore con cui entra in contatto. La vibrazione è la
"lanterna" che fa luce sui singoli fenomeni e ci permette di
esplorare quell'ambiente "buio" e invisibile del corpo interno, ma
accessibile a patto che si voglia affinare la capacità di propriocezione, porta
d'accesso ad un labirinto pieno di passaggi in grado di cambiare forma e
direzione in ogni istante. E' così che la propriocezione (tattile, uditiva e
persino visiva-immaginativa), lungi dall'essere un semplice feedback
accessorio, diventa creatore sonoro. Buona esplorazione!