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venerdì 11 dicembre 2015

Porte aperte e porte chiuse: dalla società alla fisiologia del suono vocale


Porte che si aprono e porte che si chiudono; frontiere che accolgono e frontiere che sbarrano l'accesso; pareti che dividono, tetti che limitano e ponti che uniscono. 
Nel clima sociopolitico di queste settimane il topos della "porta" si è fatto presente a vari livelli e con tutte le sue connotazioni: nell'emergenza immigrazione (con chi "spalancherebbe" le porte d'accesso e chi le sigillerebbe), nell'opportunità/dramma dell'emigrazione, nell'apertura della Porta Santa all'interno del mondo cattolico, percorso da decenni anche da un'ondata di opinioni relativa all'apertura/chiusura nei confronti di vari temi di carattere sociale o bioetico. Si tratta essenzialmente di porte - reali o metaforiche - che agiscono a livello comunitario o anche individuale, le quali possono essere sia la causa che la conseguenza di uno stato d'animo e di un orientamento alla chiusura o, viceversa, all'apertura verso elementi che vengono percepiti (a volte erroneamente) come diversi o lontani da sé. 
L'analogia potrà sembrare un po' forzata ai non addetti ai lavori, ma chi si occupa di vocalità sa bene come l'apparato cosiddetto vocale sia un insieme di porte.

La funzione più arcaica e basilare della laringe è quella di separare (o collegare?) la trachea e le vie aeree inferiori dal/col tratto vocale, sede e "incrocio" di apparato respiratorio e digerente. 
Essa permette, aprendosi, la respirazione, mentre impedisce, chiudendosi, l'entrata di particelle estranee nelle vie aeree inferiori - cosa che porterebbe alla morte. 
La laringe altresì può chiudersi serratamente e - tramite un incremento pressorio intra-alveolare- procedere all'espulsione di materiale presente in trachea o nei dintorni di essa.



La vocalizzazione - funzione acquisita soltanto "recentemente" nel percorso evolutivo e non ancora ottimata per la nostra specie - è possibile grazie ad un delicato equilibrio di apertura e chiusura delle pliche vocali, corrispondente alla creazione di cicli di compressione e rarefazione delle molecole aeree (ovvero alla creazione di "suono", se l'oscillazione è captabile dal nostro orecchio). 
La domanda che l'aspirante cantante dovrebbe porsi sin dall'inizio del suo percorso di ricerca é: nella mia personale modalità vibratoria cordale prevale l'orientamento all'apertura o alla chiusura? 

A prescindere dalla realtà anatomofisiologica, la percezione che guida i nostri modelli interni è basata su un'immagine delle pliche vocali come ostacolo al flusso aereo oppure come strettoia o cunicolo? La "porta" è chiusa, aperta o socchiusa? E se è socchiusa - richiamando il dilemma dell'ottimista e del pessimista - è mezza aperta o mezza chiusa? 
Non si tratta qui di giocare con la fantasia, ma di affinare la propriocezione motosensoriale, cercando di ampliare la propria conoscenza del corpo e dei processi interni che lo guidano a prescindere da nozioni teoriche acquisite in precedenza che possono - in alcuni casi - falsare la percezione di sé.


Al di sopra delle pliche vocali vere altre due "ante", le pliche ventricolari, rappresentano un'ulteriore porta. La mentalità di tipo aut/aut (o in bianco e nero), tipica di alcuni esseri umani seppur adulti, tenderebbe a suggerire che in questo caso sia nettamente auspicabile lo "spalancare" l'accesso. Tale manovra potrebbe certamente risultare utile per alcuni cantanti, ma l'effetto flow-on di un'eccessiva "retrazione" potrebbe compromettere, in alcuni contesti, la funzionalità adduttoria delle corde vocali sottostanti, andando a creare una catena di "spifferi" poco promettente per una fonazione ergonomica.

L'epiglottide, un po' più in alto, pone la stessa problematica. L'eccesso di chiusura dell'anello sfinterico che essa concorre a formare causerebbe un restringimento dell'intero meccanismo laringeo, non auspicabile laddove - tramite un meccanismo geneticamente radicato e di retroazione muscolare - provocasse uno strozzamento glottico. L'eccessiva apertura, anche se non certo dannosa, impedirebbe però il formarsi di quel velocizzatore aereo sovraglottico nonché "potenziatore energetico" così efficace per il formarsi di un suono potente con ridotto impegno muscolare.


La catena di costrittori faringei, in unione al muscolo cricotiroideo, rappresentano un ulteriore livello di apertura/chiusura. Il concetto corrente di "gola aperta" potrebbe suggerire la necessità di mantenere lo spazio ipofaringeo e laringeo ben largo. Questa è senz'altro un'indicazione in parte vera, ma è anche vero che - all'avvicinarsi al registro acuto - il mantenimento di una condizione "rilassata" di tale muscolatura, la quale garantirebbe una costante "apertura" di questa "porta", sarebbe controproducente. 
Le frequenze acute hanno infatti bisogno dell'instaurarsi di un rapporto non lineare tra sorgente del suono e filtro al fine di poter risuonare correttamente e senza "fatica". Un piccolo eccesso in un senso (chiusura) o nell'altro (apertura)  è spesso sufficiente per nuocere al delicato meccanismo fonatorio.


Le cartilagini tiroide (anche a livello linguistico abbiamo qui un richiamo al concetto di "porta" se pensiamo al greco "Thyras", termine usato ad esempio nei vangeli per indicare la porta in tutti i suoi sensi e connotazioni), cricoide ed aritenoidi sono tutte paragonabili a porte che vengono ruotate attorno ad un perno(in che direzione? In apertura o in chiusura?) e lasciano passare oppure impediscono al suono di entrare/uscire. 
La dicotomia ingresso/uscita è anch'essa di grande utilità nella pedagogia vocale: il cantante percepisce il suono come qualcosa che esce dal corpo attraverso le varie porte oppure vi entra? Ricordiamo che la vera propriocezione si sviluppa quando si riesce a prescindere da preconcetti anatomo-fisiologici (spesso errati) che condizionano l'esplorazione di sé. Ribadisco "spesso errati" in quanto sappiamo - per citare solo uno di numerosi esempi - che il suono prodotto a livello glottico viaggia in tutte le direzioni, anche al di sotto delle pliche vocali (per cui la fisica conferma che il suono "entra" nel corpo, oltre ad uscirne).

La lingua e il velo palatino collegano (o separano) rispettivamente la cavità orale anteriore con/da quella posteriore (faringea) e l'orofaringe con/dalla rinofaringe. Sono organi che bloccano le onde sonore o le lasciano fluire verso altri spazi? In termini prettamente acustici, tali strutture anatomiche riflettono il suono, lo assorbono attutendone le componenti frequenziali oppure entrano in vibrazione/risonanza con esso? Il velo palatino ed il "portale velofaringeo" sono dinamici e reagiscono efficientemente all'articolazione dei vari fonemi o imprigionano i vari foni in schemi motori fissi poco funzionali alla dinamicità del parlato e del cantato?


Salendo ancora nella rinofaringe troviamo l'ingresso delle tube di Eustachio: è possibile che il suono vi acceda? E ancora, da lì il suono può arrivare fino all'orecchio medio?

Il corpo umano è pieno di innumerevoli altre "porte", di valvole, di passaggi larghi e stretti, di sfinteri e anelli muscolari o ossei o cartilaginei. Le aperture/chiusure di questi condizionano il suono, così come il materiale di cui sono fatti può reagire alle frequenze sonore con cui entra in contatto. La vibrazione è la "lanterna" che fa luce sui singoli fenomeni e ci permette di esplorare quell'ambiente "buio" e invisibile del corpo interno, ma accessibile a patto che si voglia affinare la capacità di propriocezione, porta d'accesso ad un labirinto pieno di passaggi in grado di cambiare forma e direzione in ogni istante. E' così che la propriocezione (tattile, uditiva e persino visiva-immaginativa), lungi dall'essere un semplice feedback accessorio, diventa creatore sonoro. Buona esplorazione!