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sabato 20 agosto 2016

Un'apologia del "Voicecraft"

Mettiamo in figura 10 figurazioni delle figure obbligatorie che fanno fare brutta figura




Regola fondamentale della lettura critica: controllare sempre le fonti. Questo esordio è doveroso per almeno tre motivi:


1. Non tutti coloro che parlano di "Voicecraft" hanno cognizione di causa: c'è chi insegna usando questo approccio senza aver pienamente compreso il modello (e senza averne conseguito la certificazione, il cui scopo è garantire l'efficacia e la correttezza del trasferimento delle informazioni), e c'è chi - magari in buona fede o perché mal informato- diffonde dati totalmente o parzialmente scorretti sul contenuto formativo.





2. La critica ossessiva del lavoro altrui è tutt'oggi concepita - in alcuni contesti culturali - come efficace strategia di marketing per le proprie attività. Molto spesso chi denigra metodologie specifiche lo fa con il principale fine di promuovere, indirettamente, la propria, che ritiene l'unica vera ed efficace. Il blog dynamicalvoice non persegue la pubblicizzazione di un unico metodo, bensì la divulgazione della conoscenza in ambito vocale e comunicativo, presentando dati scientifici, didattici ed "esperienziali" derivati da svariati ambiti e metodi.



3. Chi scrive è un didatta che trae ispirazione da vari approcci alla vocalità e ne cerca sempre di nuovi. Tuttavia, non è certo un segreto che sia un docente certificato Estill Voice Training System, e ciò significa - secondo il principio per cui ogni testo non è mai al 100% oggettivo - che chi legge troverà senza dubbio un bias positivo nei confronti dell'approccio pedagogico in questione. A tal proposito, è anche mia premura mettere in risalto che quanto espresso nel presente post (per quanto di veridicità appurata) è espressione dell'autore, non pronunciamento ufficiale di Estill Voice International, che è titolare dei diritti dell'EVTS.

Dopo la doverosa premessa, veniamo alla dichiarazione d'intenti, già anticipata nel sottotitolo. Mi propongo in questa sede di riportare alcune delle critiche o accuse rivolte al "Voicecraft", oppure alcune descrizioni fuorvianti dello stesso, cercando di individuarne le fallace, le scorrettezze e le imprecisioni. Sia ben chiaro che non è mia intenzione negare la validità delle critiche, in quanto ognuno è libero di prendere posizione di fronte a qualsiasi cosa, bensì di correggere le "dispercezioni" e le disinformazioni che talora traspaiono dalla formulazione delle suddette considerazioni. Consapevole di non poter essere esaustivo, mi auguro che la natura interattiva dello strumento blog possa portare ad un eventuale dibattito in riferimento ad altre questioni qui tralasciate.

Iniziamo quindi il lavoro. Troverete di seguito un'enumerazione di malintesi o falsità, formulati come titoli di ogni paragrafo e seguiti da una breve rettifica o spiegazione degli errori contenuti negli stessi.

1. "Voicecraft"


E' vero che - in passato - si chiamava "Voicecraft". E' altresì doveroso riconoscere che, in alcune parti del mondo, si parla ancora di "Voicecraft". Il termine corretto è però "Estill Voice Training System". Mi si dirà a questo punto che si tratta di un'irrilevante distinzione semantica. In realtà non è così. Quando parliamo di EVTS, parliamo in effetti di un percorso formativo tripartito in CRAFT (da cui deriva "Voicecraft"), ARTISTRY e METAPHYSICS. Certamente, quando si frequentano i corsi ufficiali EVTS (Level 1, Level 2) ci si concentra sulla parte denominata "Craft" (la "competenza tecnica", la conoscenza delle possibilità fisiologiche dello strumento e dei relativi output acustici e percettivi), ma all'interno della rosa di insegnanti certificati ci sono anche cantanti e artisti di diversi ambiti (cantanti, attori, public speaker) che esplorano analogamente l'universo dell'ARTISTRY (insegnando uno stile, un genere, un'estetica..) e della METAPHYSICS (la "magia" dell'esecuzione, la psicologia della performance). I CCI (certified course instructors) offrono altresì corsi avanzati in cui si parla di queste ulteriori dimensioni che trascendono il puro "CRAFT". Jo Estill non negava l'importanza di questi due ambiti, ma non perdeva occasione per mettere in risalto che la fattibilità di un'idea estetica e interpretativa è subordinata ad una competenza raffinata nell'uso (muscolare) del corpo e dello "strumento voce". Per quanto mi riguarda, le lezioni one-on-one non seguono quasi mai il format dei corsi EVTS (Level 1, Level 2), non si insegna una "figura" dietro l'altra (se l'allievo non lo richiede espressamente) bensì si ricorre alle conoscenze acquisite tramite il modello EVTS in maniera sempre personalizzata e mirata al conseguimento degli obiettivi specifici del cliente o alunno. Ecco quindi che il termine "Voicecraft", seppur entrato nel linguaggio comune italiano, mi appare un po' riduttivo e come potenziale fonte di equivoci.

2. E' una tecnica/un metodo vocale 

Personalmente, non ho grossi problemi con la definizione dell'EVTS come "tecnica", ma la parola stessa è polisemica, ragion per cui potrebbe far sorgere problemi di interpretazione. La domanda "Cos'è la tecnica?", seguita da "Cos'è una buona tecnica?" ha guidato e continua tuttora a guidare la mia personale ricerca vocale e didattica, ma basta confrontarsi con i colleghi per capire che esistono fondamentalmente due scuole di pensiero:

A)Chi dice che la "tecnica" è una soltanto, ed opera un distinguo tra "tecnica" e "emissione"
B)Chi dice che ci sono varie "tecniche" che corrispondono alle diverse modalità di emissione.

Al contrario di quanto discusso nel punto 1, credo che qui si tratti realmente di una mera questione linguistica legata al significato attribuito al lessema. Se con "tecnica" intendiamo "controllo di uno strumento", allora l'EVTS può essere accostato a tale definizione, almeno per quanto riguarda il "CRAFT". Se con "tecnica" facciamo riferimento ad un modo specifico di usare lo strumento (penso, per analogia, al mondo della pittura, dove si parla di "tecnica dell'acquarello", "tecnica dell'acrilico", "tecnica del pastello", etc.), è possibile che ci rifacciamo ad uno stampo prescrittivo (ovvero ad istruzioni del tipo "si fa così e non così"), inserendo il vocabolo nell'insieme sinonimico di cui fanno parte anche "metodo" e "scuola". In questo secondo caso possiamo affermare con certezza che l'EVTS non è certo una tecnica e tanto meno un metodo. Credo che la denominazione più corretta per definire l'EVTS sia "sistema di addestramento vocale" (ulteriore ragione per preferire la dicitura "Estill Voice Training System") oppure "Modello di funzionamento vocale", ponendo l'accento sul carattere descrittivo (e non prescrittivo) dell'approccio didattico, il quale si propone di insegnare che cosa si può fare (senza farsi male), di contro a ciò che si "deve", in quanto il "si deve" si ricollega a pregiudizi estetico-stilistici che sono soggettivi, spesso cronologicamente circoscritti (cambiano con il tempo, sia quello dello sviluppo del cantante che quello dello sviluppo della società) e non certo applicabili ad ogni ambito artistico. 

3. Non è scientifico/è pseudoscientifico/è "veteroscientifico"


Studiare scientificamente la voce umana è un compito estremamente arduo per varie ragioni, prima fra tutte l'estrema variabilità del campo. La non ripetitività delle esperienze (nessun essere umano è in grado di ripetere la stessa frase, parlata o cantata, in maniera assolutamente identica per due volte di fila), la relativa invasività degli strumenti diagnostici (l'elettromiografia e la contemporanea endoscopia transnasale prolungata non sono facilmente tollerate da tutti i soggetti) e altri fattori rendono indubbiamente difficile la vita dello scienziato della voce. Difficile ma non impossibile, se si fanno le scelte giuste. Jo Estill, assieme ad altri collaboratori (fra cui scienziati, ORL, foniatri e personalità di grande spessore del panorama scientifico) ha operato delle scelte all'interno del metodo scientifico che le hanno permesso di formulare ipotesi, condurre esperimenti metodologicamente ineccepibili (usando double-blind, gruppi sperimentali e gruppi di controllo), valutare e rivalutare i risultati ottenuti in maniera critica e con la massima acribia, garantire validità statistica dei paper realizzati, pubblicare quanto appreso in riviste specializzate vagliate dalla peer-review, presentare le ricerche effettuate in simposi e convegni specialistici su invito dei luminari del settore. Una lista delle pubblicazioni è disponibile sul sito http://www.estillvoice.com/pages/research, molti degli studi possono essere facilmente reperiti su amazon.com o tramite portali specifici quali pubmed. La scienza è questo: ipotesi, verifica, raccolta dati numerici, confronto con i colleghi specialisti, peer-review ed eventuale successiva rimessa in discussione dei risultati. Sarò sincero: è estremamente noioso stare a leggere numeri e dati, a studiare grafici e, alla fine del paper, leggere che "sono necessari ulteriori studi per confermare l'ipotesi". Ma questa è la vera scienza. Molto più divertente e rilassante è leggere un libro il cui contenuto sia scorrevole e piacevole, che tratti di arte con un linguaggio suggestivo e non contempli tutti quei nomi di muscolature e altre astruse componenti anatomiche. Chiunque può scrivere un libro sulla voce (anche chi ne sa poco o nulla), e chiunque può dire ciò che vuole all'interno del proprio libro (o all'interno del proprio blog, devo ammetterlo!), in quanto non si è sottoposti al fondamentale procedimento di peer-review che impone invece la pubblicazione di carattere scientifico. Jo Estill ha raccolto i dati delle sue ricerche, organizzandoli in un modello d'addestramento specifico per utenti della voce che fosse accurato dal punto di vista scientifico e che scindesse chiaramente la fisiologia dall'estetica, sfidando (oserei dire) l'intera tradizione culturale didattica canora che era (e forse lo è tuttora) di tipo coscientemente o incoscientemente prescrittivo. Il modello EVTS, inoltre, è in continua evoluzione, adattandosi e rimodellandosi in riferimento ai progressi della ricerca (basta osservare quanto sia cambiato dagli anni 90 ad oggi). L'accusa di ascientificità mi appare dunque totalmente infondata in riferimento al lavoro della Estill e dei suoi successori.

4. Non serve conoscere l'anatomia per cantare


Non sono d'accordo con questa formulazione verbale della tesi. Sono semmai d'accordo con l'affermazione che "troppa anatomia non serve al cantante". Bisognerebbe quindi dibattere su cosa significhi "troppa". E soprattutto sulle caratteristiche del destinatario. Innanzitutto, l'allievo che si accosta per la prima volta ad un corso EVTS (Livello 1 oppure un ciclo di lezioni individuali) non è assolutamente bombardato di nomenclature anatomo-fisiologiche. Personalmente, sono molto attento a contenere la mia parte più nerd e cerco di dare poche informazioni anatomiche, solo quelle essenziali, badando di adattare lo stile comunicativo (e il contenuto tecnico) allo stile d'apprendimento e al carattere dell'allievo in questione. C'è sempre chi vuol saperne di più (e ci sono sempre medici, logopedisti e fisioterapisti che vengono a lezione, così come tecnici del suono e fonici con cui si rende necessario l'utilizzo di una terminologia più precisa nell'ambito dell'acustica); con questi si può "osare"ma, generalmente, ci si limita a nominare quelle componenti anatomiche che si possono percepire e "gestire". Il termine scientifico non è mai fine a se stesso, ma è sempre correlato alla percezione concreta della struttura. 

Qui devo però enfatizzare un altro aspetto, che il linguista potrà collegare alla famosa Sapir-Whorf hypothesis (Relatività Linguistica), almeno in alcune delle sue versioni: il possedere un concetto (un termine) plasma in maniera significativa la nostra percezione del mondo. Per chiarire, userò prima un esempio cromatico e poi un esempio vocale/anatomico.

A)La percezione dei colori è una reazione tipicamente umana a fenomeni legati all'incontro di uno spettro frequenziale di natura fisica (lunghezze d'onda) con le caratteristiche tipiche della retina dell'occhio e la successiva conversione dei dati in impulsi nervosi interpretati da un centro cerebrale apposito. La mia ignoranza lessicale in ambito cromatico mi fa percepire il colore rosso e le sue svariate sfumature come sempre e solo "rosso". Per un pittore (dotato di maggior competenza anche terminologica), è invece normale distinguere tra carminio, cremisi, vermiglio, rosso cardinale, rosso fragola, rosso mattone, scarlatto, rosso fuoco, rosso veneziano, rosso bordeaux, amaranto etc. Se non abbiamo una terminologia relativa, potremmo non percepire il concetto. La distinzione tra azzurro e blu non sussiste per gli anglosassoni (quando un azzurro diventa blu e viceversa?).




B)Per quanto riguarda l'anatomia, userò un esempio che non fa parte degli esercizi EVTS (che non propone un tale livello di complessità a un neofita che si accosta per la prima volta al sistema), ma che - credo - rende bene l'idea. Esistono delle catene muscolari complesse che contribuiscono all'innalzamento del velo palatino, ma essenzialmente i diretti esecutori sono due muscoli distinti che si chiamano, rispettivamente, "Levator veli palatini" e "Tensor veli palatini". Personalmente, vedere delle foto o delle rappresentazioni di tali muscolature, in unione alla loro attività, mi fa capire che l'innalzamento del palato molle può avvenire in (almeno) due modalità estremamente diverse: la prima, per così dire, "a tenda da campeggio" (questo non è anatomicamente esatto, ma mi si passi l'immagine per mancanza di migliori idee al momento della stesura di tale post), la seconda "a tendone da circo". Il risultato acustico in concomitanza con la fonazione è diverso. Semplicemente sapere che esistono questi due muscoli mi ha suggerito che esistono diverse possibilità di innalzamento. Me ne sarei accorto se non avessi avuto una terminologia di riferimento e se non avessi visto l'immagine/la raffigurazione della funzionalità in questione? Forse sì, ma certamente l'essere  in possesso del giusto vocabolario ha consolidato la percezione dell'esperienza.


No quindi all'eccesso di informazioni anatomiche se queste sono fini a se stesse, ma è importante capire bene che il linguaggio (preciso) è una parte fondamentale della cognizione, non una conseguenza di essa. [Rimando gli interessati a studi di psicologia cognitiva e semantica].

5. Si cantava bene anche prima dell'invenzione dell'endoscopio/non serve la scienza per cantare bene

I "cigni del canto", i "talenti naturali" sono sempre esistiti ed esisteranno sempre. Jo Estill aveva una missione "spirituale": insegnare a tutti a cantare, non solo a quelli che - per fortunati intrecci del destino e della cultura - già lo sapevano fare. Il suo mantra, ed uno degli "slogan" dell'EVTS, è "Everyone has a beautiful voice". Le ricerche di Jo e dei suoi collaboratori hanno gettato luce (letteralmente e metaforicamente) su quanto questi "cigni" facessero a livello subcosciente, e soprattutto ha tradotto tali scoperte in efficaci e semplici (non astruse, semplici!) indicazioni didattiche utili ad addestrare una voce. Ciò ha portato ad un drastico cambio paradigmatico nella didattica vocale, dando vita ad una modalità pedagogica che, fra l'altro, non si pone in contrasto con altri approcci, bensì li completa, puntando alla cooperazione.

Si giocava bene a calcio anche prima della nascita della medicina dello sport e dello sviluppo di team di supporto all'atleta (fisioterapista, massofisioterapista, nutrizionista, coach, preparatore atletico, psicologo, mental coach,...). I risultati che si ottengono ora in senso prestazionale, tuttavia, non sono paragonabili a quelli registrati (e richiesti) trent'anni fa. Capisco che non bisogna cadere nella trappola della troppa teoria fine a se stessa (e, per dovere d'onestà, debbo dire che alcuni docenti peccano di eccessivo nozionismo, forse più per inesperienza che per intento), ma non capisco perché si dovrebbero ignorare tutte le scoperte che la scienza ci ha permesso di fare negli ultimi anni, se queste possono portare ad un miglioramento delle prestazioni o ad una prevenzione degli infortuni. Molti dei grandi trattatisti del passato sono stati "scientifici", in riferimento alle (poche) possibilità di indagine bio-tecnologica di cui disponevano.
Una cosa che la scienza non fa (perché esula dal suo ambito d'indagine) è insegnare come si dovrebbe cantare, nel senso di ottemperanza a criteri stilistici-culturali. Come esplicato al punto 1, l'insegnante EVTS che sia cantante (come nel caso di chi scrive) può/deve insegnare uno stile ("ARTISTRY"), se ne è in grado, ma non deve imporlo come "l'unica modalità corretta di canto". E, a volte, molti insegnanti confondono la fisiologia con uno stile. A titolo esemplificativo: non esiste una regola "fisiologica" per cui si debba sempre cantare con "legato" e tutti gli attacchi delle note debbano essere "sul fiato" (espressione un po' imprecisa, fra l'altro..), così come non c'è alcuna ragione "biologica" per cui i maschi possano portare la cravatta e le femmine no.

6. Non insegna la base di tutto, che è la respirazione


Pregiudizio duro a morire, ma è facilmente comprensibile da dove sia scaturito. Jo Estill era una studiosa molto "visiva", amava le immagini a didascalia dei concetti e, soprattutto, adorava i grafici. Chi ha avuto l'occasione di lavorare con lei sa che uno dei primi lucidi (non c'erano ancora le slides..) che comparivano sulla parete (non c'erano le smart boards..) nel corso del seminario di livello base era quello inerente la "Pressure Relaxation Curve". Si tratta di una rappresentazione su assi cartesiani della capacità vitale e del comportamento della muscolatura respiratoria. Jo era solita descrivere dettagliatamente e fisiologicamente il meccanismo della respirazione - a riposo, nel parlato e nel cantato - dopodiché procedeva con la descrizione dei vari metodi di respirazione propugnati dalla didattica dal Seicento fino ai nostri giorni. Spesso concludeva dicendo: "That's all I know about breathing". A volte sentenziava: "I know nothing about breathing". E credo che qualcuno l'abbia presa alla lettera. Ciò che voleva dire, invece, è che non era stata fatta sufficiente ricerca in merito alla relazione tra comportamento laringeo e flusso aereo sottoglottico. Lei stessa eseguì in seguito una ricerca a proposito (sul flusso aereo nelle qualità "falsetto" e "sob"), ed altri studiosi (ad es. Hixon, Mead e Goldman) si cimentarono in studi ad hoc. Già nei primi anni del "Voicecraft", la respirazione era legata all'inizio del suono (una "figura obbligatoria", ovvero un esercizio del "Level 1"), focalizzando appunto l'attenzione sul rapporto tra aria e comportamento adduttorio delle pliche vocali, nonché alla figura dell'ancoraggio, che ha a che fare con la gestione del flusso espiratorio. Jo Estill, postulando un'innegabile dinamicità dell'apparato respiratorio, soleva dire: "Let the breath adjust to what it meets on the way out", mettendo in evidenza che il comportamento laringeo e del "filtro" (ovvero del tratto vocale) avevano un effetto retroagente sul fiato in arrivo dai polmoni. Ecco allora che si prestava moltissima attenzione alla respirazione, vedendola però sempre in relazione alla fonazione, osservandola cioè da un punto di vista diverso rispetto a quello della didattica più comune. 
Successivamente, è stato ampliato di molto l'argomento "respirazione" all'interno del "Level 1" e dell'insegnamento EVTS in generale, tanto che chi è in possesso dei workbooks di riferimento può notare che un intero capitolo è dedicato all'argomento e, soprattutto, che si parla di respirazione in riferimento ad ogni "figura obbligatoria" trattata, nonché ad ogni "qualità vocale" affrontata. Nella mia personale pratica pedagogica la respirazione è sempre monitorata, ma non mi capita mai di far sdraiare a terra l'allievo con un libro sulla pancia o varianti simili dell'"esercizio". Non escludo che possa capitare (ad esempio se un cantante è particolarmente teso potrebbe essere una buona soluzione), ma nonostante non abbia mai proposto tali pratiche, nessuno dei miei allievi direbbe mai che non trattiamo la respirazione. Ne parliamo, e tanto, ma in modo un po' diverso. E lo stesso dicasi per l'EVTS.

7. Qualsiasi metodo che insegna il controllo indipendente di parti specifiche dell'organo vocale è dannoso ed inutile per il canto


Ci sono diverse obiezioni che potrei esplicitare in merito a quest'affermazione, fra cui le già citate differenze tra corso collettivo e lezione individuale, oppure sulla vera articolazione del percorso di studi Estill che, dopo il Level 1 (in cui si affrontano le "Figure Obbligatorie", ovvero il controllo indipendente di alcune strutture anatomiche coinvolte nella produzione vocale) prevede un Level 2, in cui le "Figure" vengono combinate in modo da formare Qualità Vocali semplici (Level 2) ed eventualmente complesse (Livelli Avanzati/Specialistici). Mi limiterò tuttavia ad una considerazione di carattere psicologico, senza addentrarmi troppo in dettagli tecnici. Il canto o, per essere più precisi, la produzione di una determinata qualità vocale su un range frequenziale e dinamico diversificato, è un compito complesso. Un compito complesso, specialmente in età adulta, richiede apprendimento. L'apprendimento è reso più agibile se frammentato in step. L'obiettivo finale resta la creazione di una qualità vocale, ma per semplificare il task isoliamo le varie componenti e ci concentriamo su ognuna di esse singolarmente fino all'acquisizione di una competenza di alto livello nel controllo della stessa ("chunking"). Passo dopo passo (o, per dirla con una metafora culinaria, come fece già la Estill a suo tempo, "ingrediente dopo ingrediente"), è possibile quindi "proceduralizzare" (ovvero rendere automatica per il corpo) la produzione di diversi colori (timbri) vocali che possono, successivamente, essere a loro volta miscelati tra loro. Il controllo delle diverse "Figure" deve essere indipendente per mettere in grado l'allievo di combinarle successivamente in modalità distinte. Quando cantiamo, stiamo controllando una serie consistente di fattori:

-La melodia
-La qualità vocale
-Il ritmo
-La lingua, cioè le parole (spesso una lingua per noi straniera)
-La presenza sul palco (...)

Le variabili sono numerose ed il processo di apprendimentodiviene così alquanto arduo, ragion per cui, riprendendo un'allora famosa frase di una pubblicità americana, Jo era solita dire: "Stop the insanity!". E' molto più semplice focalizzarsi su un unico elemento per volta (le "Figure"). Il controllo indipendente non può essere dannoso dal punto di vista fisiologico, in quanto tutti gli esercizi che vengono proposti si basano su movimenti che il corpo fa già naturalmente. Non si tratta quindi di manipolare lo strumento forzandolo ad assumere posizioni preternaturali, ma di acquisire una coscienza ed una propriocezione motoria che la maggior parte delle persone non ha.

8. E' un metodo che costringe il canto in una gabbia di posizioni fisse e porta a rigidità/E' troppo "muscolare"


Credo che tale diceria sia frutto di informazioni carenti o tutt'al più di apprendimenti deficitarii e frettolosi. La prima "Figura propedeutica" che si insegna in EVTS è quella legata al "Lavoro muscolare". Mi sembra di ribadire l'ovvio quando sottolineo che la voce funziona perché dei muscoli si attivano. Su questo non possiamo discutere. Possiamo parlare della qualità dell'attivazione, ovvero sulla modalità di contrazione, sui tempi della stessa, sulla quantità e sulla localizzazione, nonché sulla percezione di questa "energia". Ed è esattamente ciò che si fa in EVTS. Impariamo a percepire la differenza tra rilassamento, lavoro e tensione accessoria. Apprendiamo a produrre un "lavoro" che non porti ad irrigidimento e a rilassare (per quanto possibile) quelle parti del corpo di cui non abbiamo bisogno o che interferiscono con una buona capacità fonatoria. Sottolineiamo che il tipo di lavoro necessario cambia in diversi punti dell'estensione, in diversi momenti del ciclo respiratorio, in diverse qualità vocali, etc. Notiamo che alcuni movimenti sono più "difficili" di altri perché non fanno parte del nostro corredo motorio abituale, ma che - con il tempo e la pratica costante - diventano molto più facili e "scorrevoli". Ci abituiamo quindi alla dinamicità dell'attivazione energetica, che è il contrario della fissità. "Indipendenza" di movimento non vuol dire necessariamente "fissità" o "fissazione"; al contrario, viene sempre portata l'attenzione sulla reazione ad uno specifico movimento delle altri componenti, prima fra tutte quella respiratoria.

9. Nessuna delle qualità vocali che si insegnano è utile al canto/L'Opera non è "opera"



Nel corso collettivo Level 2, i vari "ingredienti" (Figure) appresi nel Level 1 vengono combinati in diverse maniere per formare 6 Qualità Vocali: 4 semplici (Speech, Falsetto, Sob, Twang) e 2 composte (Opera, Belting). Siamo ancora all'interno del primo dei tre ambiti in cui l'EVTS divide lo studio della voce (CRAFT; cfr. punto 1), per cui non ci interessa l'estetica, ma il controllo. Ed è appunto come esercizi di controllo che Jo Estill intendeva le qualità vocali suddette. La domanda (e la "sfida") è a questo punto: riesco a controllare le varie strutture per produrre quella specifica qualità vocale con quelle determinate caratteristiche acustiche e percettive? Riesco a controllare le condizioni di produzione in tutta l'estensione? (Ri)conosco i limiti intrinseci, le qualità, le potenzialità e l'applicabilità di ogni timbro che sto imparando a produrre? So come affrontare gli eventuali problemi che potrebbero presentarsi nell'usare questi "colori"?

Non si tratta quindi di insegnare delle qualità con finalità necessariamente prescrittive ("Devi cantare così"), anche perché alcune di queste (vedi lo Speech) risultano esteticamente poco piacevoli in alcuni ambiti tonali. La validità didattica sta nelle domande sovrariportate e nello sviluppo del controllo dei "colori primari" su cui si baseranno le mie scelte nel cantato. Come mettiamo in risalto quando insegniamo le "Qualità", raramente capita di sentirle usate nella loro forma "pura" nella realtà (e spesso, all'interno dello stesso brano, si passa da una qualità all'altra, specie nell'ambito pop); quelle che sentiamo sono variazioni o "permutazioni" delle stesse, ma sempre possiamo ricondurre le qualità vocali reali che sentiamo tutti i giorni ad una "variazione di...". Nella mia attività 1-to-1, non mi capita mai di dire cose del tipo: "Qui devi cantare in speech". Spesso capita invece di dire: "Qui il problema è che vorresti questo tipo di risultato, ma per ottenerlo devi cambiare qualità o variare la "ricetta"". E tale abilità si impara studiando le "Six voice Qualities" del Level 2 e poi, ancora di più, nelle "Permutations" dei corsi avanzati (o studiando privatamente con un insegnante, ovvio).

Quanto detto vale anche per la Qualità "Opera" (che in passato era chiamata anche "Ring"). Si tratta di un esercizio combinatorio che produce una qualità che si udirà raramente nella sua forma pura nella vita reale. Per inciso, si tratta di un colore vocale che si può sentire di più (in forme più o meno variate) nel canto barocco, rispetto all'opera verdiana e post-verdiana. A titolo puramente di curiosità, mi capita spesso di sentire - nei tenori operistici di oggi - come venga fatto uso di una permutazione della qualità "Belting" per gli acuti, più che una variazione della qualità "Opera". Ho l'impressione che quanto affermato possa rappresentare una vera e propria eresia per qualcuno..

10. Il canto è libertà, non controllo, ossessione per la precisione, qualità vocali, sirene e muscoli

Ritorniamo alla tripartizione iniziale che è veramente l'ABC del metodo e forse la prima cosa che viene detta nei corsi EVTS: CRAFT; ARTISTRY; METAPHYSICS. L'obiettivo è arrivare alla parte "metafisica", alla "magia dell'esecuzione", all'essere nel momento presente, liberi da qualsiasi impedimento. Il pensare alla "tecnica" è uno di questi impedimenti, ma allo stesso tempo non possiamo esimerci dallo studio tecnico. Il fatto è che quando studiamo la "Craft", dobbiamo investire tutta la nostra attenzione cosciente sull'obiettivo (il modello di riferimento, in psicologia, si chiama "Focused Deliberate Practice") e, se lo studio è costante e sufficiente, i modelli motori saranno proceduralizzati e passeranno sotto il controllo di strutture cerebrali più profonde (come i gangli alla base), che ne permetteranno l'esecuzione automatica, senza dover pensare a tutti i passaggi della stessa. In altre parole, la "tecnica" va studiata, metabolizzata e poi "dimenticata" (nel senso di "rimossa dall'attenzione cosciente", la quale va rivolta alla performance, all'interpretazione, alla "metaphysics" appunto). Si passerà quindi da una competenza cosciente ad una competenza inconscia, che libererà risorse attentive da dedicare ad altro (il messaggio). 



La libertà è il risultato di una competenza tecnica, puntare alla libertà prima di aver acquisito la "craft" è come dire ad una ragazza che non ha mai ballato in vita sua che per fare la spaccata in volo basta liberare la mente e rilassarsi.




Per ulteriori informazioni sull'EVTS potete consultare la pagina ufficiale: www.estillvoice.com. Nessun testo, articolo o post, tuttavia, può essere paragonato allo studio con un insegnante certificato EVTS. Potete trovare una lista qui: http://www.estillvoice.com/instructors/search
Per informazioni sulla mia metodologia didattica (che, ripeto, non si basa soltanto sull'EVTS): http://www.dynamicalvoice.com/Dinamical.html
Per informazioni sull'EVTS sul mio sito: http://www.dynamicalvoice.com/estill.html

1 commento:

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